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''Sognavo di diventare guida alpina ma un brutto incidente me l'ha impedito. Ora a 24 anni faccio il rifugista, l'amore per la montagna mi ripaga tutti i giorni''

CAMPODOLCINO. C’è chi montanaro ci nasce e chi nel tempo lo diventa. Federico Pessina, ‘milanese’ classe 1998, la passione per le terre alte l’ha probabilmente ricevuta 'in dono' alla nascita, crescendo attorniato da una famiglia che i monti li frequenta da sempre. 

La gioventù con l’“incoscienza dentro al basso ventre” cantata da Francesco Guccini, non racconta di certo la storia di Federico, che fin da piccino stringeva con forza la certezza di quanto avrebbe voluto fare da grande: “Lavorare in montagna – ammette fin da subito il (quasi) 25enne a Il Dolomiti -. Il mio sogno era diventare una guida alpina”.

Un desiderio infranto, spezzato “da un brutto incidente sugli sci che mi ha impedito di continuare ad allenarmi a dovere e di percorrere le vie e i sentieri più ‘estremi’ – prosegue Pessina -. Una grande delusione per me, che tuttavia mi ha spalancato le porte verso un mondo che non credevo avrei finito per amare così tanto”.

Al giovane originario di Paderno Dugnano, orami qualche anno fa (e come spesso accade), la vita aveva finito per giocare un brutto scherzo, uno di quelli che, se ‘presi con filosofia’, possono divenire spunto per crescere o per allargare le proprie vedute: “Non è stato facile, perché già da bambino mi vedevo in montagna a operare come guida alpina – confessa Federico -. Nella sfortuna, però, l’incidente mi ha fatto capire quanto mi piacesse la vita in rifugio, tanto da scegliere di gestirne uno”.

Due giorni dopo il mio esame di maturità sono andato a fare la mia prima stagione”: un momento determinante nella vita del ragazzo, che gli ha permesso di guardare monti e cime con sguardo nuovo. Non un lavoro con “orari normali”, ma scandito da sveglie che suonavano in piena notte “per preparare la colazione agli alpinisti, pronta sulla tavola del rifugio Gianetti (a quota 2534 metri), in Valtellina, alle 4 del mattino”, ricorda Federico, raccontando la sua ‘full immersion’ nel mondo “dei rifugisti veri”

Dopo altre esperienze in strutture d’alta quota fra Lombardia e Piemonte, Pessina ha compreso quale fosse la sua (nuova) strada, “sempre rigorosamente in montagna – fa notare -. L’anno scorso mi sono messo a cercare un rifugio da gestire e ho trovato il Chiavenna, che sorge in Lombardia, nella mia valle preferita in assoluto: una gran colpo di fortuna per me”.

Un luogo raggiungibile soltanto a piedi, chiuso in inverno, dove l’elettricità “è prodotta da una turbina e va quindi centellinata”, prosegue Federico. Aperto da maggio a metà ottobre proprio perché “quando l’acqua che alimenta la turbina ghiaccia non c’è più corrente”, il rifugio Chiavenna sorge a quota 2044 metri, fra pascoli dove bazzicano liberi mucche, pecore, asini e cavalli.

Tutto, nella struttura gestita oggi dal giovane, è rigorosamente preparato in casa: “La pasta la facciamo noi, a partire dai tipici pizzoccheri di grano saraceno che condiamo con burro, formaggio, aglio e pepe, le tagliatelle al ragù di cervo e così via – spiega il 25enne -. Piatti tipici delle strutture d’alta quota”, che si sommano a deliziose torte, preparate in particolare dallo stesso Federico. 

Attualmente, il contratto di gestione firmato nel 2022 da Pessina ha una formula di “3 anni più 3, ma io spero di trascorrere al Chiavenna un bel po’ di anni – conclude Federico -. È vero, ho cambiato idea in merito a quale lavoro volessi fare nella vita ma sono comunque in montagna: oggi, non potrei dirmi più felice di quanto faccio”.