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Strategia condivisa tra Draghi e Meloni per un fondo di solidarietà europeo contro il caro bollette

«Non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali, serve solidarietà». Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha reagito così davanti all’annuncio del maxi scudo tedesco da 200 miliardi contro il caro energia annunciato dalla Germania.

Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha presentato ieri il pacchetto in sostegno di famiglie e imprese, non finanziato con nuovi prestiti ma con la riattivazione di un fondo di stabilizzazione economica usato già durante la crisi finanziaria del 2008 e la pandemia da Covid-19. Berlino fisserà un tetto massimo al prezzo del gas e pagherà la differenza alle aziende energetiche del Paese che lo acquistano dall’estero.

Una mossa che ha irritato gli alleati europei e che rompe il fronte comune dell’Europa nella ricerca di misure strutturali e vantaggiose per tutti i Paesi membri. Oggi, tra l’altro, si riunirà il Consiglio dei ministri dell’Energia proprio per trovare una quadra sul “price cap” europeo, con l’Ungheria che già minaccia di non votare nuove sanzioni energetiche alla Russia.

Ma l’aumento delle bollette continua a spaventare l’Italia e soprattutto il tessuto imprenditoriale. L’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) ha stimato che da ottobre le bollette dell’elettricità aumenteranno del 59% nonostante l’intervento straordinario del governo uscente. Una notizia che mette i brividi, anche perché si ipotizzano rincari persino maggiori per le utenze del gas.

Il rincaro riguarda solo gli utenti in tutela, poco più di 7 milioni di clienti, e non quelli del libero mercato. Non a caso, l’Arera, «viste le criticità del momento», ha chiesto ieri a governo e Parlamento di «posticipare la fine della tutela elettrica», prevista da gennaio per le microimprese e dal 2024 per i clienti domestici. L’Autorità chiede lo slittamento della piena liberalizzazione del mercato dell’energia, perché nel tutelato ritiene di riuscire a proteggere meglio famiglie e imprese da aumenti incontrollati dei prezzi. La stessa richiesta è arrivata per la fine del mercato in tutela del gas, prevista da gennaio.

Intanto il governo uscente, guidato da Draghi, si muove nell’attesa della formazione del prossimo esecutivo. La Stampa racconta di una telefonata partita ieri da Draghi a Giorgia Meloni. Che fosse difficile convincere Berlino a una linea condivisa contro Mosca, Draghi l’aveva chiaro da mesi. E l’uscita di scena del premier italiano avrebbe dato a Olaf Scholz l’opportunità di smarcarsi dalla pressione dell’intesa tra Roma e la Francia di Emmanuel Macron, a favore di una soluzione europea alla crisi del gas russo. La strategia si fondava su due pilastri: un tetto al prezzo del metano importato dalla Russia e un fondo di solidarietà europeo per affrontare le conseguenze del taglio delle forniture. Ma l’atavica paura della cancelleria tedesca di vedersi per questo azzerare l’energia dalla Russia sta avendo la meglio. La Germania non ha facile accesso a fonti di approvvigionamento alternative come l’Italia, ma può permettersi di spendere tutto quel che è necessario per affrontare l’emergenza. L’Italia no.

Giorgia Meloni, per il momento, sembra abbracciare la strategia di Draghi. La dichiarazione diffusa ieri sera dalla leader di Fratelli d’Italia lo conferma: «Di fronte alla crisi epocale della crisi energetica serve una risposta immediata a tutela di imprese e famiglie. Nessuno Stato membro può offrire soluzioni efficaci e a lungo termine in assenza di una strategia comune, neppure quelli che appaiono meno vulnerabili sul piano finanziario. Per questo l’auspicio è che nel Consiglio europeo sull’energia di domani (oggi per chi legge, ndr) prevalgano buon senso e tempestività. Su questo tema di vitale importanza per l’Italia confido nella compattezza di tutte le forze politiche». Palazzo Chigi ci ha tenuto a precisare che la dichiarazione non sia stata concordata con Draghi, ma poco cambia. La sostanza è che i due sono perfettamente allineati.

Draghi avrebbe voluto discuterne oggi al vertice dei nove Paesi mediterranei dell’Unione ad Alicante. Ma il tampone positivo al Covid del premier spagnolo Pedro Sanchez ha fatto saltare i piani. Il presidente del Consiglio ci proverà al vertice di Praga della prossima settimana. All’appuntamento successivo, il 20 ottobre, al suo posto potrebbe già esserci Giorgia Meloni.

Anche Fabio Rampelli ieri ha parlato della necessità di un fondo di solidarietà europeo. Se il fondo non nascerà, il nuovo governo dovrà fare da solo. Quello che ha stanziato la Germania vale tre volte tanto quel che l’Italia ha speso dall’inizio della guerra in Ucraina, quando però i tassi di interesse erano molto più bassi degli attuali. Dal momento in cui si insedierà, il primo obiettivo dovrà essere la legge di bilancio per il 2023. Se scegliesse di fare nuovo deficit, i rendimenti dei titoli di Stato italiani salirebbero rapidamente. Alla Meloni non resta che una responsabile continuità istituzionale a Draghi. A meno di non aprire un pericoloso fronte con tutta l’Unione.