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"Tiro da due": Pozzecco, Petrucci e il futuro della Nazionale. "Stiamo rilanciando il basket italiano"

TRENTO. Al Festival dello Sport si è presentato stamattina il vertice del basket italiano. Il presidente della Federazione Italiana Pallacanestro Petrucci e il coach della Nazionale azzurra Pozzecco hanno condiviso il palcoscenico nell’evento “Tiro da due”. Tra storie e ragionamenti e sempre con tanta simpatia i due hanno discusso lo stato della pallacanestro italiana, con particolare attenzione agli ultimi Europei, dove gli azzurri hanno superato le aspettative, arrivando ai quarti di finale e mancando le semifinali letteralmente di qualche millimetro.

Il primo ad esprimersi sulla questione è Petrucci: “Complimenti alla Francia, ma quella partita la meritavamo noi. D’altra parte questo è il fattore imponderabile dello sport, è ciò che lo rende così emozionante. Questi Europei per noi sono stati comunque una conferma del buon lavoro fatto finora. Abbiamo cambiato i motori della Nazionale, prendendo Pozzecco e Trainotti (ex general manager di Aquila Basket, ndr). La scelta per l’allenatore è ricaduta sul Poz perché, oltre ad essere bravo ad allenare, ha dimostrato di essere una figura carismatica, ad ampio raggio, come dovrebbe essere un allenatore. È capace di sollevare un grande entusiasmo, sia nei giocatori che nei tifosi ed è questo che cerchiamo, così stiamo rilanciando il basket italiano”.

Segue Pozzecco: “Solo ieri ho raggiunto la pace dei sensi per quel che è successo agli Europei. La manifestazione mi aveva lasciato perplesso. Da una parte c’era l’amarezza di aver perso i quarti e dall’altra la soddisfazione di un percorso positivo oltre ogni aspettativa. Quella partita meritavamo di vincerla noi, ma la sconfitta mi ha permesso di accorgermi di un’altra cosa: lo sport deve regalare emozioni e le emozioni si vivono indipendentemente dal risultato”.

Ma com’è nato Pozzecco? Com’è nato questo allenatore geniale ma a tratti sopra le righe? Ce lo spiega lui stesso nel corso dell’incontro: “Il mio modo di allenare nasce quando ero giocatore. Ero un atleta un po’ atipico, con una conformazione fisica che sicuramente non mi aiutava. Questo fatto mi ha spinto ad usufruire di altre armi. Ho dovuto accettare di sentirmi un po’ diverso e basarmi sulla velocità, sulla rapidità, sulla sorpresa, ho dovuto affinare tutte quelle abilità che mi hanno permesso di distinguermi sul campo. Per questo non mi ha mai spaventato provare qualcosa di diverso. Gli allenatori erano gli unici che potessero togliermi questa fantasia e non ho mai accettato che non capissero la mia necessità. Ho sempre vissuto male questa diffidenza e mi sono sempre detto: se divento allenatore voglio fidarmi ciecamente dei miei giocatori. Ogni atleta ha la sua personalità e io cerco di lasciarli liberi di esprimersi. Questo loro lo sentono, sentono che sono uno di loro”.

La mia vita in generale è stata complicata – continua, rivivendo alcuni dei momenti più complessi del suo rapporto con la Nazionale -, ho vissuto delle contraddizioni. La gratificazione che ti dà la nazionale un club non te la può dare, è una cosa che percepisci nel momento in cui senti l’inno. Purtroppo a me è successo un paio di volte di essere estromesso dal gruppo e questo al tempo mi ha fatto molto male. Non ho mai tifato contro, ma sapevo che se l’Italia fosse arrivata in fondo avrei sofferto in modo esagerato. Col tempo sono riuscito a trasformare l’energia negativa in energia positiva e quando sono diventato Ct ho fatto tesoro delle mie esperienze da giocatore”.

Sul futuro della Nazionale parla Petrucci: “Abbiamo investito su Salvatore Trainotti, che è la vera novità di questi anni. Avevo capito che lui con la sua visione poteva essere necessario per il basket italiano. Al momento sta sviluppando dei progetti per trovare dei nuovi talenti azzurri, soprattutto con delle fisicità importanti, che al momento mancano. Paolo Banchero? Trainotti ne ha intravisto il talento prima ancora che si parlasse di Nba per lui. La nostra speranza è quella di averlo già ai prossimi mondiali”.