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Trubbiani “torna” nella sua città: il destino comune dei Grandi Maceratesi esuli

Trubbiani “torna” nella sua città: il destino comune dei Grandi Maceratesi esuli. Aveva impiegato 15′ minuti appena per dire no alla direzione dell’Accademia di Belle Arti propostagli dal ministro

di Maurizio Verdenelli

Valeriano, il ragazzo di Villa Potenza, ritorna a Macerata. L’allievo dello scultore ‘del marmo’ De Angelis, varca quei pesanti Cancelli di ghisa entro i quali (scrisse) si sentiva la notte ‘piu’ sicuro’. Torna nella sua citta’, Trubbiani dove aveva impiegato 15′ minuti appena (cito le sue parole) per dire no alla direzione dell’Accademia di Belle Arti propostagli dal ministro. Poi l’esilio laborioso nella villetta sul colle dirimpetto Ancona insieme con la moglie Paola, i figli Massimiliano e Domiziana. Il buen retiro (“lavoro e vedo film in vhs”) del quale un giorno fu ospite Federico Fellini per cui ‘dipinse’ ‘E la nave va’.

Di cui resta oltre al film la monumentale memoria in piazza Pertini, ad Ancona (cfr il gruppo scultoreo della famiglia di rinoceronti: Mater Amabilis). Gia’, Federico! il regista che dopo Pasolini aveva lanciato l’altro grande maceratese, Dante, amicissimo di Valeriano. Fu proprio Ferretti a segnalare Trubbiani a Fellini che dedico’ a Valeriano un memorabile ritratto al termine della propria ‘ispezione’ in quella prodigiosa, unica officina artistica di Candia dove quella fiamma talentuosa arde ancora. Dove il martello batte incessante sull’incudine, dove il mezzo sigaro e’ mai spento.

Dicevamo: un ritorno difficile a Macerata, da sempre Nazareth italiana per i suoi figli piu’ illustri. Basta…chiedere a padre Matteo Ricci al quale solo il mese scorso dopo 470 anni e’ stata rilasciata la ‘patente’ di venerabilita’. Un rientro difficile eppure paradossalmente ricco di prospettive proprio per quello. Se infatti pare non sia stato trovato al momento l’accordo per individuare uno spazio on air (sagrato ex San Paolo? davanti BMB o musei Buonaccorsi? e via elencando) da dedicare al grande scultore la cui famiglia e’ disposta a donare un’opera, ecco che si apre la possibilita’ di celebrare insieme i due Ragazzi Terribili Maceratesi famosi nel mondo. Mediante uno dei contenitori vuoti -leggi palazzi storici- della fu Macerata granne. Un progetto by Comune e Regione cui far aderire Unimc ed Abamc. E possibilmente Unione Europea, senza i cui soldi non ci sarebbe la nuova Cattedrale di San Giovanni.

Intanto a muoversi perche’ sia reso doveroso omaggio a Trubbiani si sono pubblicamente mossi il critico Alvaro Valentini e il (co)biografo David Miliozzi, insegnante e consigliere comunale. Non uno spazio undergroung per Valeriano, non un sottopasso ma un’area di prestigio ed en plein air, dichiarano all’unisono Alvaro e David  Trubbiani in realta’ e’ legato non solo a Macerata, ma sopratutto a Villa Potenza – nel teatro romano trovo’ da ragazzo un tesoro di monete antiche per cui fu nominato ispettore ad honorem dalla Soprintendenza). Legato anche per vie parentali a Recanati. Se Macerata gli dedico’ un’antologica di Palazzo Ricci, Recanati gli riservo’ la coreografia con le poderose installazioni che incornicio’ le celebrazioni leopardiane. Che  videro il Presidente della Repubblica, Cossiga per i buoni auspici di Franco Foschi. Da allora sono passati circa 35 anni, ma l’eco di quegli eventi non si e’ spenta. Forse la memoria vacilla e Macerata non e’ piu’ la stessa? O forse si? Quella di cui Valeriano, in redazione al Messaggero, mi parlava reduce da una delle tante accoglienze che il Palazzo gli riservava: “Sono naturalmente soddisfatto, ma sento ogni volta dentro di me come una voce sottile che dice: non tardare il ritorna a Candia”.

Destino forse comune dei Grandi Maceratesi esuli, macerati dalla nostalgia e da un amore filiale verso la Citta’ che temevano non fosse completamente condiviso e ricambiato.

Valeriano Trubbiani (Macerata, 2 dicembre 1937 – Ancona, 29 agosto 2020) nacque da un mastro ferraio riparatore di attrezzi agricoli in una civiltà ancora fortemente legata alla terra. Nel 1956 conseguì il diploma all’Istituto d’arte di Macerata, per poi trasferirsi a Roma dove frequentò l’Accademia di Belle Arti. Fu in questi anni che l’artista frequentò l’ambiente intellettuale romano, stringendo rapporti con Edgardo Mannucci, Gino Marotta, e con esponenti del Gruppo 58 di Napoli tra cui Guido Biasi e Lucio Del Pezzo. Se la sua attività espositiva iniziò già sul finire degli anni ’50 come pittore di ispirazione espressionista-surreale, fu poi nel 1960, dopo il ritorno a Macerata, che iniziò a realizzare sculture in metallo nell’officina del padre, che lo portarono ben presto alla partecipazione alla Biennale dei giovani artisti a Parigi del 1963, a cui seguirono la Biennale di San Paolo del Brasile nel 1965 ed alla Biennale di Venezia del 1966. In questo periodo Trubbiani utilizzava elementi preesistenti che smontava e combinava con oggetti trovati. In seguito realizzò le cosiddette “macchine belliche'”, complessi macchinari di sofferenza e morte.

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