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Tutti gli errori della campagna elettorale sul Sud

Secondo alcuni quella che sta per concludersi è stata la peggiore campagna elettorale di sempre. In realtà ogni anno questa frase si ripete come un mantra quasi a giustificare l'oblio verso il quale sta sprofondando la comunicazione politica. In realtà quella di quest'anno come difetto principale ha avuto quello di sdoganare una certa narrazione del Sud e alimentare alcuni pregiudizi. Sarà perché il tempo era poco e si è puntato soprattutto su temi meno complessi ma di fatto su alcuni argomenti che riguardano da vicino il Mezzogiorno, sicuramente si poteva fare meglio. 

Il reddito di cittadinanza 

Di fatto agli elettori è stato costantemente chiesto di schierarsi da una parte o dall'altra. Di dire semplicemente sì o no senza entrare nella complessità dei problemi. Sicuramente il tempo ristretto di una campagna elettorale estiva non ha dato modo di approfondire certi temi ma che in alcuni casi sia stato fatto in maniera strumentale è sotto gli occhi di tutti. L'argomento più trattato in questa maniera dicotomica è stato senza dubbio il reddito di cittadinanza. Si sono creati due schieramenti. Da una parte il centrodestra e i moderati a chiederne la cancellazione e dall'altra il Movimento cinque stelle e il fronte progressista a difenderlo. Il tutto condito da un usuale disprezzo nei confronti del Sud che di questa misura se n'è avvantaggiato maggiormente.

È partito così il consueto ritornello secondo il quale il Sud vive sempre e comunque di politiche assistenzialiste a fronte di un Nord locomotiva del Paese. C'è stata anche una scelta di parte di fronte a questo cliché. Il centrodestra, forte al Nord, ha deciso di schierarsi contro per calcolo elettorale decidendo di alimentare lo scontro sociale e le divisioni all'interno del Paese. Lo stesso calcolo è stato fatto dal M5s che al Sud ha costruito la vittoria nel 2018 e ha deciso di puntare sulla narrazione opposta. “Votate noi ché se sale la destra vi toglieranno il Reddito di cittadinanza” è stato il leit motiv di tutti gli interventi pubblici da Roma in giù.

Il Pnrr 

Più “sofisticati” sono stati i moderati e il Pd che hanno puntato sul Pnrr. Agitando lo spettro di una rinegoziazione voluta dal centrodestra, hanno “minacciato” gli elettori meridionali che, in caso di vittoria della Meloni&co, il 40% destinato al Sud sarebbe stato decurtato. Addio ai miliardi di euro promessi in caso di vittoria del centrodestra che dal canto suo non ha esitato a promettere qualcosa in più al Nord degli oltre 200 miliardi di euro destinati all'Italia. Una sorta di gioco di ruolo in cui la regola principale era quella di trattare gli italiani, ancor di più quelli sotto la linea del Garigliano, come persone che indossano ancora l'anello al naso. 

Il Sud straccione a cui interessa solo l'assistenzialismo

Così l'unica narrazione possibile è stata quella secondo cui agli elettori meridionali per farsi votare basta minacciarli di perdere i sussidi. “Vi togliamo i soldi” sarebbe la migliore arma per portarli al voto e scegliere da che parte stare. Di contro lo stesso discorso rovesciato e rivolto al Nord, basterebbe per portare gli elettori del settentrione a votare. Un atteggiamento offensivo che però i politici di tutti gli schieramenti non hanno esitato a utilizzare. Nessuno di loro però si è permesso di parlare di mafie, per esempio. Parlare di contrasto alle mafie al Sud ormai è ritenuto fuori moda mentre parlarne al Nord risulta addirittura offensivo perché, si sa, le mafie al Nord non esistono.

Oppure parlare di immigrazione in una maniera diversa che non fosse quella che contempla blocchi navali, espulsioni di massa e caccia al clandestino. Per non parlare delle politiche per il lavoro. D'altronde al Sud nessuno vuole lavorare e allora basterà dare loro questi 548 euro di media (tanto percepiscono i quasi cinque milioni di percettori del Reddito di cittadinanza) e se li facciano bastare per vivere, questi “terroni di merda”. 

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