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Un anno dopo l’attacco alla sede della Cgil, Landini si prepara a dialogare con il governo di destra

«Abbiamo deciso di tornare in piazza l’8 ottobre non solo per non dimenticare l’attacco fascista e squadrista di un anno fa alla nostra sede», dice a Repubblica Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, «ma anche perché vogliamo rimettere al centro della discussione, in Italia e in Europa, la persona e il lavoro. Quell’attacco e altri simili in Europa sono anche il frutto del disagio sociale che cresce e delle condizioni di lavoro e vita che peggiorano. Sono preoccupatissimo per quello che può succedere ora in Italia. Le prossime settimane saranno esplosive».

A un anno di distanza da quell’attacco, Maurizio Landini si ritrova però la destra al governo. «Faccio una distinzione molto netta. Chi ha assaltato la nostra sede è oggi sotto processo, rispettiamo quindi il lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura», mette le mani avanti Landini. «Altra cosa sono i partiti che si presentano alle elezioni e vengono eletti democraticamente. Detto questo, torno a ribadire – come un anno fa con Cisl e Uil – che le organizzazioni che si richiamano espressamente al fascismo vanno sciolte perché sono fuori dalla Costituzione».

Landini, da uomo di sinistra, continua a ripetere che non ha pregiudizi. E prima delle politiche, non ha dato indicazioni di voto agli iscritti nonostante da sinistra si invocassero i pericoli per la democrazia. «Siamo abituati a giudicare i governi per come agiscono. Lo abbiamo fatto con tre esecutivi di diversa configurazione politica negli ultimi cinque anni. Continueremo a farlo ora», dice. «C’è un dato su cui però invito tutte le forze politiche a riflettere: quasi il 40% di cittadini, 17 milioni di persone, non ha votato. Non era mai successo nella storia d’Italia. Buona parte viene dal mondo del lavoro e dalle sacche del disagio economico e sociale. Bisogna ricostruire la fiducia tra le persone, la politica e le istituzioni».

Poi ribadisce: «Il compito del sindacato non è quello di essere di governo o di opposizione. Ma di rappresentare gli interessi dei lavoratori, migliorare le condizioni di lavoro, il salario troppo basso, la precarietà indegna, la sicurezza negata, le norme su appalti e subappalti non rispettate. Lo slogan dell’8 ottobre è il nostro appello e il nostro programma: “Italia ed Europa ascoltate il lavoro”. La realizzazione della Costituzione il nostro obiettivo».

Landini sa che molti lavoratori, operai in primis, da tempo votano a destra. Prima la Lega, poi Fratelli d’Italia. «Il nostro compito è parlare con tutti per ricostruire una cultura del lavoro con la persona al centro, non il mercato e i profitti. Speriamo che il nuovo governo lo capisca», dice.

Landini dice che «bisogna ragionare subito su come proteggere i lavoratori più fragili, i pensionati, le imprese. Farlo con l’Europa, mettendo un tetto al prezzo del gas, i cui aumenti sono frutto anche di speculazioni finanziarie, costituendo un nuovo fondo come ad esempio Sure del periodo Covid. Ma dobbiamo agire anche come Paese, ad esempio creando un fondo nazionale straordinario di solidarietà aumentando e ampliando la tassa sugli extraprofitti ad altre grandi imprese. Il fondo potrebbe essere usato sia per contribuire sia per rateizzare le bollette di imprese e cittadini per un periodo molto lungo. E poi alzare il tetto Isee da 12mila a 20mila euro per il bonus sociale in bolletta».

E ora si aspetta ascolto dal governo di destra: «Come sindacato rivendichiamo il diritto di avanzare proposte e di essere coinvolti prima che il governo decida. Non sempre è successo negli ultimi anni. Da aprile ad esempio chiediamo di aprire un tavolo per un piano energetico straordinario: ci è stato detto di stare tranquilli e ora forse rischiamo i razionamenti. Dopodiché abbiamo fatto uno sciopero generale per cambiare la finanziaria del governo Draghi. Non temiamo certo di tornare in piazza. Questo è il tempo delle risposte e delle scelte concrete».

In conclusione, propone di «abolire il Jobs Act e tutte le leggi che hanno creato precarietà in questo Paese. Su fisco e pensioni valgono le piattaforme unitarie presentate con Cisl e Uil». Sulla flatx tax, invece, «non abbiamo cambiato idea, restiamo contrari e ricordiamo che non andava bene neanche la riforma dell’Irpef di Draghi e la sua delega fiscale. Il Reddito di cittadinanza è uno strumento di contrasto alla povertà: vogliamo cancellarlo proprio ora che l’Italia si è ancora più impoverita? Se vogliamo migliorarlo, abbiamo le nostre proposte. Ma abolirlo no, non siamo d’accordo. Sulle pensioni diciamo che Quota 41 (la stessa proposta della Lega, ndr) risolve solo uno dei problemi. Poi ci sono i giovani e le donne da tutelare. E una flessibilità in uscita da garantire: non si può uscire a 70 anni, non tutti i lavori sono uguali. Piuttosto invito il nuovo governo ad accelerare tutti gli investimenti per attivare le fonti rinnovabili. E a pensare a una grande politica industriale e di sviluppo che porti l’Italia all’autonomia energetica. Da lì riparte il lavoro».