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Uno Bianca: no al lavoro fuori dal carcere per Fabio Savi. Il fratello di una vittima: "Non si parli di sconti di pena"

La decisione del tribunale di Sorveglianza di Milano. I giudici non avrebbero riconosciuto come valido il percorso compiuto fin qui da Savi, anche sotto il profilo dei danni nei confronti delle vittime del gruppo criminale che tra il 1987 e il 1994 uccise 23 persone e ne ferì oltre 100

Fabio Fabi

Fabio Fabi (Foto Ansa)

No al lavoro esterno al carcere per il capo dei killer della Banda della Uno bianca. Il tribunale di Sorveglianza di Milano ha rigettato il reclamo di Fabio Savi, che quanto risulta non ha sin qui mai usufruito di benefici e come lui neppure Roberto: le loro richieste sono state sempre respinte. Il terzo fratello Savi, Alberto, da qualche anno invece gode di permessi premio, in Veneto.

La decisione del tribunale di Sorveglianza di Milano

L’unico non poliziotto della banda che ad aprile compirà 63 anni è nel carcere di Bollate, dove si trova anche il fratello Roberto. I due erano a capo della organizzazione criminale che tra il 1987 e il 1994 ha ucciso 23 persone e ne ha ferite un centinaio tra Emilia Romagna e Marche. La decisione di respingere la richiesta è del collegio presieduto da Giovanna Di Rosa, giudice a latere Simone Luerti. Anche la Procura generale aveva chiesto di rifiutare il ricorso del detenuto. I giudici non avrebbero riconosciuto come valido il percorso compiuto fin qui da Savi, anche sotto il profilo dei danni nei confronti delle vittime del gruppo criminale

Fratello vittima: “Non si parli di sconti di pena”

La storia della Uno bianca è "una vicenda ancora aperta per poter parlare di sconti di pena e permessi". Lo dice Ludovico Mitilini, fratello di Mauro, giovane carabiniere ucciso insieme ai colleghi Otello Stefanini e Andrea Moneta il 4 gennaio 1991 al Pilastro di Bologna dalla banda guidata dai fratelli Savi. "Noi familiari delle vittime - dice Mitilini - esprimiamo grande soddisfazione per la digitalizzazione degli atti. Ringraziamo la Regione Emilia-Romagna per la disponibilità economica e il procuratore Amato. Un obiettivo raggiunto grazie alla tenacia del presidente dell'associazione Rosanna Zecchi di cui condividiamo il pensiero quando afferma che 'in ogni pagina di questa storia c'è qualcosa che non torna', una vicenda che potrebbe aprire ulteriori scenari inquietanti". Mitilini aggiunge che "non c'è perdono per gli uomini della banda della Uno bianca che agirono con una ferocia ai limiti dell'umana pietà, macchiandosi di delitti che terrorizzarono una precisa zona del nostro Paese e sui quali gli inquirenti stanno ancora indagando, così come affermato dal procuratore Amato in relazione a due esposti".