“Come comunismo e marxismo”. La riscossa dei conservatori contro il politicamente corretto parte da Budapest

Quasi tre mesi dopo l’evento di Washington, torna il Cpac nell’unico appuntamento europeo organizzato a Budapest per il secondo anno di fila. Il Cpac è la principale convention dei conservatori americani che riunisce politici, giornalisti, intellettuali da tutto l’Occidente per discutere di attualità, politica estera, geopolitica, cultura. Ideato da Ronald Reagan, negli anni si è accreditato come un momento centrale per il mondo conservatore al punto che, oltre all’edizione americana, si è diffuso in tutto il mondo.

Tra il 4 e 5 maggio è andata in scena l’edizione ungherese organizzata e fortemente voluta sulle rive del Danubio dal think tank ungherese Center for Fundamental Rights e dal suo presidente Miklos Szantho. Sebbene già l’evento dello scorso anno si fosse rivelato in termini di presenze, ospiti e qualità degli interventi di grande livello, camminando per il corridoio del centro congressi della capitale magiara soprannominato “la balena”, si percepisce il salto di qualità di questa edizione. Non solo per il numero di relatori ma anche per la dimensione che ha assunto la manifestazione in termini di pubblico e organizzazione. Passeggiando per l’area con gli stand dei partner, oltre alla presenza di numerose realtà ungheresi, ci si imbatte in associazioni americane, francesi, polacche, italiane.

A fare gli onori di casa è il primo ministro ungherese Viktor Orbán che interviene in una sala gremita per l’inaugurazione. Dopo i saluti ad alcune delle autorità presenti tra cui il premier georgiano e gli ex primi ministri della Repubblica Ceca Babis e Klaus e il già primo ministro sloveno Jansa, Orban è un fiume in piena: “È orma diventata un’abitudine avere il mondo conservatore a Budapest”. “Perché il Cpac è arrivato in Ungheria? – si chiede Orbán – Non siamo una grande nazione in termini di dimensioni, Pil o esercito. Ma siamo qui. C’è una semplice ragione che rende la nostra nazione un luogo importante. L’Ungheria è un incubatore dove non si parla solo di sconfiggere i liberal o si parla di politiche conservatrici ma si realizzano. Tutto è iniziato nel 2010”,

Orbán elenca poi alcuni punti della sua visione di una politica conservatrice: “Forte identità nazionale, politiche contro immigrazione irregolare. Noi ungheresi non siamo all’attacco, non vogliamo dire agli altri cosa pensare sul gender, sull’immigrazione. Ogni nazione ha diritto a vivere secondo i propri standard, siamo in difensiva dai liberal che ci dicono come dobbiamo vivere e attaccano non solo Ungheria ma ogni nazione libera”. “Siamo sotto attacco da un virus che ci sta attaccando, un virus che attacca la nazione” aggiunge Orbán per poi precisare: “woke e gender sono uguali a comunismo e marxismo, vogliono distruggere la nazione favorendo le classi”.

Non manca poi un riferimento a Donald Trump, il convitato di pietra del CPAC Ungheria: “Se Trump fosse presidente non ci sarebbe stata guerra in Ucraina”, affermazione seguita da un lungo applauso dalla platea: “Trump torna indietro!” aggiunge Orbán. Mentre “i progressisti hanno diviso il mondo in buoni e non buoni”, “la riconquista è iniziata in Europa” afferma il premier ungherese citando l’Italia e Giorgia Meloni anche se “Washington e Bruxelles sono ancora nelle mani dei liberal”.

Gli interventi che si susseguono nel corso dell’evento (tra cui un video messaggio di Tucker Carlson, argomento di discussione tra i conservatori dopo la fine del suo rapporto con Fox), si soffermano sulla necessità di contrastare la cultura woke che si sta diffondendo in tutto l’Occidente. Ma, come sempre accade nelle grandi convention, la parte più interessante avviene dietro le quinte, negli eventi laterali, ai caffè o alle tavole da pranzo. È qui che si materializza “l’internazionale dei conservatori” come alcuni media l’hanno definita. Ed è inevitabile che ai tradizionali argomenti di discussione, dall’immigrazione all’economia al politicamente corretto, si parli della guerra in Ucraina. Se la guerra era però la tematica più calda nell’edizione dello scorso anno, inizia a farsi strada un nuovo argomento: le elezioni europee del 2024 si avvicinano.


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