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Arisa, Belve e le sue contraddizioni

Ci sono personaggi che sfuggono a qualsiasi definizione perché imprevedibili e inafferrabili, e Arisa è uno di questi. Da quando l'abbiamo vista cantare Sincerità nel 2009, con quella montatura di occhiali così spessa e quel rossetto rosso fiammante, eravamo convinti di avere di fronte un cartone animato, ma ci sono voluti degli anni per far sì che Arisa ci dimostrasse che quella era solo una delle sue tante sfaccettature, capaci di passare da un lato teneramente infantile a uno sinistramente aggressivo, da quello che non ha paura di mostrarsi senza veli a quello che non si vergogna di chiedere scusa. Arisa, nome d'arte di Rosalba Pippa, è indefinibile perché sembra sfuggire a qualsiasi forma di categoria, ed è per questo che il pubblico non fa che domandarsi se ci sia o ci faccia.

Arisa Belve e le sue contraddizioni

L'intervista a Belve - era la sua seconda - ha permesso di dimostrare che Arisa è, effettivamente, come la vediamo: sensibile, profonda, ma anche ingenua e bisognosa di attenzione. Il suo pregio più grande è dire quello che pensa nel bene e nel male: «È perché non ho l'ufficio stampa», scherza lei incalzata da Francesca Fagnani, e un po' la capiamo, visto che un personaggio come lei, non nuova a colpi di coda e a colpi di testa, è senz'altro molto difficile da gestire. Di traumi e di delusioni ne ha avute a bizzeffe, ma Arisa, che si auto-definisce «un essere anomalo», non si è mai tirata indietro, dimostrando una forza di volontà e una caparbietà tutt'altro che scontate. Nel lavoro così come nella vita segue il cuore e l'istinto - pensiamo, per esempio, al tira e molla come professoressa di Amici, incarico, quest'ultimo, che ha lasciato per approdare probabilmente su Rai1 come giudice di The Voice Kids -, e questo l'ha portata spesso a trovare lo scontro come terreno di confronto.

Arisa Belve e le sue contraddizioni

«Sono considerata un’artista difficile, ma lo dicono apposta, perché ho un senso del dovere molto radicato che arriva anche dalle mie origini», dice Arisa sempre a Belve, non nascondendo di cambiare spesso idea - durante l'intervista certe volte si contraddice e torna sui suoi passi - e di essere pronta ad affrontare qualsiasi cosa lasciando intendere che non gliene importi granché. Nonostante dica il contrario, a noi pare però che soffra per quanto successo con la comunità Lgbtq+, ma è ingiusto che questo fraintendimento sia legato alla sua fiducia a Giorgia Meloni: Arisa si è inimicata parte della comunità perché ha usato termini stereotipati e, a tratti, offensivi nei confronti di un gruppo eterogeneo di persone che l'aveva indicata come un'icona. «Vorrei cercare di ampliare la rappresentanza che abbiamo nei media della comunità LGBTQIA+, che non è fatta solo di macchiette, di cose solo plateali, ma di gente normalissima, colta»: è questa la frase incriminata. Che cos'è la normalità? E perché Arisa, che si è sempre definita fuori dagli schemi, si è sentita di utilizzare questo aggettivo? È questo il punto che dovrebbe chiarire, ma confidiamo che sia solo questione di tempo prima che tutto si accomodi.