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Bankitalia, in tre anni diminuite persone in età da lavoro di 800mila unità

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Entro il 2040 la popolazione residente si ridurrà di 2 milioni e mezzo

di Ca.Mar.

1 giugno 2023

Istat: natalità al minimo storico, nuovi nati sotto i 400mila

Il lavoro e lo sviluppo dell’economia sono strettamente legati alle dinamiche demografiche. «Nei prossimi decenni la dinamica della popolazione mondiale continuerà a essere fortemente sbilanciata: alla crescita sostenuta nei Paesi in via di sviluppo si contrapporrà quella debole o negativa nei Paesi avanzati; tra questi l’Italia si caratterizza per un processo di invecchiamento fra i più rapidi», dice il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nelle Considerazioni finali.

Dove portano le proiezioni

I dati sono drammatici: in soli tre anni, dal 2019 il numero di persone convenzionalmente definite in età da lavoro (tra i 15 e i 64 anni) è diminuito di quasi 800.000 unità. Secondo le proiezioni demografiche dell’Istat, nello scenario centrale entro il 2040 la popolazione residente si dovrebbe ridurre di due milioni e mezzo di persone; quella tra i 15 e i 64 anni di oltre sei.

Le contromisure

Il miglioramento delle condizioni di vita e di salute conseguito negli ultimi decenni – osserva Visco – «potrà consentire a non poche persone di lavorare oltre il limite convenzionale dei 64 anni, in linea con le tendenze già in atto, sostenute anche dalle riforme pensionistiche. Sicuramente occorrerà accrescere la capacità di impiegare i giovani e le donne, i cui tassi di partecipazione in tutte le aree del Paese sono davvero modesti, e nel Mezzogiorno i più bassi d’Europa. Anche nell’ipotesi molto favorevole di un progressivo innalzamento dei tassi di attività dei giovani e delle donne fino ai valori medi dell’Unione europea, nei prossimi venti anni la crescita economica non potrà contare su un aumento endogeno delle forze di lavoro: gli effetti del calo della popolazione nelle età centrali potranno essere mitigati nel medio periodo, oltre che da un allungamento dell’età lavorativa, solo da un aumento del saldo migratorio (che pure nello scenario di base l’Istat prefigura pari a 135.000 persone all'anno, più del doppio degli ultimi dieci anni, dopo una media di oltre 300.000 nel precedente decennio)».

Per flussi migratori politiche di integrazione

Quindi per gestire i flussi migratori «occorreranno politiche ben concepite di formazione e integrazione, indispensabili per l’inserimento dei migranti nel tessuto sociale e produttivo. Un recupero della natalità dai livelli particolarmente bassi del 2021, per quanto auspicabile, rafforzerebbe l'offertadi lavoro solo nel lunghissimo periodo».