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Calenda propone al Pd di Schlein di firmare insieme una legge sul salario minimo

«Con la segreteria Schlein sono più le cose che ci dividono da quelle che ci uniscono, ma al Pd dico che si può lavorare insieme su lavoro e sviluppo». Il segretario di Azione Carlo Calenda, ex leader del Terzo Polo, lo dice a Repubblica, nelle stesse ore in cui Elly Schlein – tra la segreteria prevista per oggi e la direzione di lunedì – prova a riannodare i fili del partito dopo la batosta delle amministrative.

Il punto di incontro tra Azione e Pd potrebbe essere una proposta sul salario minimo, tema a cui la premier Giorgia Meloni si dice contraria. Calenda però preferirebbe parlare di «retribuzione minima contrattuale, per distinguerla dalla proposta dei Cinquestelle, che rischia di spazzare via la contrattazione collettiva». Qual è la differenza? «La nostra proposta verrebbe recepita, nel tempo di un anno, nei contratti collettivi nazionali per contrastare i contratti pirata, come avviene in tanti settori del commercio, della vigilanza, delle pulizie».

Al Pd Calenda propone di «cofirmare insieme il disegno di legge. Abbiamo già fatto insieme dei tavoli tecnici e su questo si può lavorare. Facciamo una battaglia di merito». Ma c’è anche un’altra proposta, «quella di utilizzare i soldi del Pnrr per finanziare progetti d’impresa 4.0, allargandoli ai beni energetici e ambientali».

Il leader di azione propone ai Dem «una grande battaglia sul merito dei provvedimenti. Cose concrete, che interessano ai cittadini, come un reddito decoroso, piuttosto che dilaniarci sul fatto che il decreto sui controlli della Corte dei Conti trasformi il nostro in un Paese orbaniano».

Azione, ricorda Calenda, ha una strada separata dal Pd ma con approccio pragmatico. Infatti a Brescia e a Vicenza abbiamo appoggiato i candidati riformisti sostenuti dal centrosinistra». E non è neppure critico sui risultato di Schlein: «Non ero tra quelli che pensava che avrebbe salvato il mondo, così come oggi non penso affatto che sia in crisi solo perché ha perso gli ultimi ballotaggi. Sta facendo il suo tirocinio da segretario del Pd». Certo, lui avrebbe preferito Bonaccini, «ma ciò non significa che non si possa provare a fare cose positive per il Paese nel merito di alcune proposte».

«Il vero problema della destra al governo è che non fa nulla, come sull’immigrazione. Non c’è un’idea di Paese. Vanno stanati sulle cose da fare», ricorda Calenda. E occupando tutte le poltrone, «alla fine provoca un effetto di saturazione. Vuole fare tutto Meloni. Anche il commissario alla ricostruzione. Ma così non si fa bene niente. E lo si sta vedendo sul Pnrr».