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Cospito resta in ospedale al 41 bis, respinta la richiesta dei domiciliari

Doppio "no" ad Alfredo Cospito. L'anarchico resta in ospedale, al San Paolo di Milano, al 41 bis. Sia il tribunale di sorveglianza di Milano che quello di Sassari hanno rigettato la sua richiesta di differire la pena per gravi ragioni di salute e di andare ai domiciliari a casa di una delle due sorelle, a Viterbo.

Perché, secondo i giudici, la condizione sanitaria di Cospito "non si palesa neppure astrattamente confliggente con il senso di umanità della pena, avuto riguardo alle condizioni oggettive del detenuto". Condizioni, rilevano i giudici, "che, certamente precarie e a grave rischio, sono il frutto di una deliberata e consapevole scelta e attraverso l'ubicazione nel reparto ospedaliero dove si trova possono essere monitorate nel modo più attento".

Nel provvedimento del tribunale di sorveglianza di Milano si fa riferimento alla "strumentalità" dello sciopero della fame che "è assolutamente certa e ha dato corso alle patologie oggi presenti". "Dagli atti - si legge nel rigetto firmato da Giovanna Di Rosa, presidente della Sorveglianza, e dalla giudice Ornella Anedda - risulta che la condizione clinica del detenuto è diretta conseguenza dello sciopero della fame che egli sta portando avanti fin dall'ottobre 2022. Si tratta, come dallo stesso affermato sia tramite il suo difensore, di una forma di protesta non violenta consistente nel comportamento volontario di rifiuto dell'alimentazione (con assunzione però di acqua, sale, zucchero, integratori, di recente questi ultimi rifiutati) per protestare contro il regime del 41 bis".

Sono ormai 159 giorni (oggi compreso) che Cospito è praticamente a digiuno. E anche i giudici, nel provvedimento di 8 pagijne, constatano, sulla base delle relazioni mediche, "l'elevato rischio di conseguenze, anche gravi e imprevedibili, di natura cardio-circolatoria (nella specie di aritmie ventricolari)". Scrivono pure che "emerge un rilevantissimo calo ponderale (da 115 a 68,2 chili di peso) e l'insorgenza di una serie di conseguenze a livello neurologico su base carenziale in conseguenza dell'assenza o della scarsità dell'apporto calorico o vitaminico". Cospito "è costantemente informato dai sanitari degli elevati rischi per la propria salute - si legge ancora nel documento -. Inoltre quotidianamente e reiteratamente i sanitari gli propongono un protocollo di rilaimentazione dopo il digiuno che egli, altrettanto reiteramente, rifiuta coscientemente".

Perché, è scritto ancora, "la motivazione dello sciopero della fame, rinnovata e gestita in maniera altalenante, con assunzione al bisogno ovvero occasionale degli integratori e comunque di acqua, sale e zucchero, è frutto di un ragionamento preordinato e consapevole". "Da nessun elemento in atti, neppure da alcuna deduzione difensiva, si trae che la scelta di Alfredo Cospito di intraprendere e, attualmente, proseguire nello sciopero della fame, possa essere ricondotta a tratti disfunzionali di personalità (sui quali sarebbe altrimenti doveroso indagare) e ciò in quanto dalle relazioni sanitarie in atti e anche all'esito del consulto psichiatrico risulta che il Cospito è lucido, collaborante, non emergono alterazioni della percezione né acuzie psichiatriche in atto ed egli appare consapevole dei rischi connessi alla prosecuzione del regime dietetico" si legge nel provvedimento. "Al contempo - scrivono i giudici - egli appare determinato nel rifiuto delle terapie proposte, esprimendo così il suo spazio di autodeterminazione, al fine di provocare gli effetti di cambiamento a livello giudiziario, politico e legislativo sopra riportati e dallo stesso auspicati".