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È il giorno dei nuovi capigruppo: ecco il restyling del Partito democratico e di Forza Italia

Prima al Senato, con l’elezione di Francesco Boccia a capogruppo del Partito democratico, e al posto di una Simona Malpezzi che non ha nascosto la nota polemica, poi alla Camera, in cui il passaggio di testimone avverrà tanto per i dem, con Chiara Braga, una delle fedelissime dell’attuale segretaria, Elly Schlein, che prenderà il posto di Debora Serracchiani, quanto per Forza Italia.

Boccia
Francesco Boccia, il nuovo capogruppo al Senato del Partito democratico – Nanopress.it

Ecco, se le cose tra i dem erano quasi scontate dopo le primarie, nel caso del partito di Silvio Berlusconi, be’, non era affatto detto. Con molte più polemiche dell’ex presidentessa dei senatori del Pd, Alessandro Cattaneo lascerà il ruolo di capogruppo a Montecitorio a Paolo Barelli, più incline a quello che è il nuovo corso dello schieramento, molto più filogovernativo, e infatti supportato in primis dal vicepremier e ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani.

Boccia eletto per acclamazione come capogruppo al Senato del Partito democratico, poi è il turno di Braga alla Camera

Un mese e due giorni dopo aver vinto a sorpresa e contro ogni pronostico (dei sondaggisti e dei circoli), Elly Schlein ha sancito un altro cambiamento di linea nel Partito democratico. La neo segretaria, succeduta a Enrico Letta alla guida del Nazareno battendo il governatore dell’Emilia Romagna, suo ex numero uno, Stefano Bonaccini, avrà due nuovi capigruppo, al Senato e alla Camera.

Non è stato un percorso semplice, specialmente nell’ultima settimana in cui si sono iniziati a sentire i mal di pancia della corrente, non direttamente suoi, che fa capo proprio allo sconfitto, che pure la deputata aveva accontentato all’Assemblea affidandogli, come lui chiedeva, i galloni del presidente dello schieramento, che tra l’altro servivano a sancire quella pace interna e quella voglia di unità che, nei fatti, non ha mai contraddistinto il Pd, anche nel passato, soprattutto nel passato. E sarà un po’ l’anima tormentata, ma ecco, Schlein ha dovuto lottare per poter metterci suoi, là, a presidenti del gruppo di Palazzo Madama e Montecitorio.

Schlein Bonaccini
Elly Shlein, segretaria del Pd, e Stefano Bonaccini, lo sconfitto delle primarie – Nanopress.it

In maniera più particolare si è discusso della scelta dell’italo americana di affidare il ruolo a Francesco Boccia al posto di Simona Malpezzi, non tanto per lei, che comunque annunciando le sue dimissioni si è tolta qualche sassolino dalla scarpa – “La segretaria Schlein ci ha chiesto la fiducia necessaria per lavorare tutti insieme: condivido e aggiungo che questa fiducia deve essere reciproca perché non ci conosciamo ancora e dobbiamo darci il tempo. Serve la volontà di conoscersi e riconoscersi nelle differenze che sono la nostra ricchezza“, ha detto aprendo l’assemblea dei senatori dem -, quanto perché dall’area bonacciniana, e nonostante i patti, si voleva proporre qualcosa di diverso.

Niente di fatto, è il ministro per gli Affari regionali e delle Autonomie del governo giallorosso, il secondo guidato da Giuseppe Conte, a essere acclamato dagli esponenti del Senato del Partito democratico. “Tanti potrebbero essere i candidati e le candidate alla presidenza del gruppo qui al Senato – ha detto la segretaria presentando la candidatura -. Ci sono molte persone valide e in grado di svolgere questo ruolo in maniera adeguata“, ma la scelta va sulla “sua solidità, capacità politica ed esperienza” e quindi a Boccia.

Nel discorso, però, Schlein ha voluto precisare anche che si sta lavorando “a un assetto complessivo ed equilibrato, rispettoso del pluralismo e dell’esito delle primarie“, che significa che i contatti con il suo ex numero uno in Emilia Romagna sono frequenti: “Entro pochi giorni ho intenzione di chiudere gli assetti e tornare a costruire insieme alla nostra comunità democratica proposte politiche alternative alle destre e a parlare dei temi che riguardano la vita delle persone“, ha spiegato.

Braga
Chiara Braga – Nanopress.it

L’altro passo, tornando alla questione dei capigruppo, si compierà anche alla Camera. Con Chiara Braga, una delle fedelissime della segretaria, che è pronta a prendere il posto di Debora Serracchiani. Poi chissà, secondo le voci, la deputata sta pensando a una sorta di governo ombra, in cui, appunto, potrebbero e dovrebbero avere un posto di spicco anche quelli che appartengono all’ala riformista e della minoranza, quindi.

Cambio della “guardia” anche a Forza Italia, Barelli prenderà il posto di Cattaneo a Montecitorio

A proposito di minoranza, non in Parlamento, dove sono invece parte della maggioranza, anche dentro Forza Italia ci sarà un cambio in alto, un cambio che significa che un nuovo corso si è aperto per la formazione di Silvio Berlusconi. Dopo le voci di corridoio, i rumors, sono arrivate in parte le conferme, perché Alessandro Cattaneo, il capogruppo scelto neanche sei mesi fa per la Camera, verrà sostituito oggi con Paolo Barelli, presidente della Fin, la federazione italiana nuoto, e molto vicino ad Antonio Tajani, il ministro degli Esteri e vicepremier che dopo essere stato messo all’angolo in luogo di Licia Ronzulli, adesso ha ripreso l’importanza che meritava, assieme al consulente storico del Cav, Gianni Letta (zio dell’ex segretario del Pd), e soprattutto Marta Fascina, la compagna (e deputata un po’ assenteista) del presidente azzurro.

Barelli Fascina
Paolo Barelli e Marta Fascina – Nanopress.it

Le voci, ancora, hanno raccontato che è stata lei a spingere per un cambiamento, nella linea soprattutto, non più quella critica nei confronti di Giorgia Meloni, la premier, come voleva invece la capogruppo dei senatori forzisti, e a cui faceva riferimento anche il numero uno a Montecitorio, ma invece molto più vicina all’esecutivo. Che oggi sarà messa alla prova nel Consiglio dei ministri che deve discutere del ddl Concorrenza, con il problema da risolvere della questione dei balneari, del codice degli appalti e dello sconto per le bollette degli italiani – scadono il 31 marzo le coperture per gli aiuti che erano stati inseriti in manovra, e la situazione non è certo delle migliori.

Tornando al partito di Berlusconi, Cattaneo lascerà il posto e assumerà quello di vicecoordinatore nazionale e forse potrebbe guidare una bicamerale, dicono da Repubblica, ma lo farà tra le polemiche, ancora, mentre Ronzulli ha smentito che ci sia stata una telefonata di Matteo Renzi, leader di Italia Viva e senatore del terzo polo, schieramento che ha già raccolto, prima delle elezioni, altri pezzi pregiati della collezione (che fu) di Forza Italia, due su tutti l’ex ministra dell’Istruzione Mariastella Gelmini e quella del Sud Mara Carfagna, che in realtà avevano abbandonato la nave subito dopo che la capogruppo a Palazzo Madama aveva deciso di allearsi con la Lega per non rinnovare la fiducia al governo di Mario Draghi.

Un’altra epoca, eppure non è passato neanche un anno. Un anno in cui l’ex infermiera ha visto ridimensionato anche il suo ruolo di braccio destro del Cav, e che ora è stupita di quello che sta succedendo con il suo collega, che neanche ha ricevuto una telefonata, nonostante l’attesa, dall’ex premier. I tempi, per lei, non sono quelli corretti, e neanche i modi – gli azzurri difficilmente hanno cambiato i capigruppo in corso d’opera -, ma ha anche detto che non ci sono correnti.

Ronzulli Berlusconi Cattaneo
Licia Ronzulli, capogruppo al Senato di Forza Italia, Silvio Berlusconi, presidente degli azzurri, e Alessandro Cattaneo, numero uno dei deputati forzisti – Nanopress.it

Parole che un po’ stridono con quelle di Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera in quota forzista, che ha quasi lanciato un avvertimento: “La percentuale attribuita da Emg a Forza italia (l’8,5 per cento, ndr) è un’eredità assai impegnativa per chi è stato chiamato, alla Camera, a prendere il testimone di Cattaneo: solo in continuità con un’azione leale ma incisiva rispetto ai caratteri genetici di Forza Italia è possibile consolidare i consensi“, ha detto chi potrebbe anche lasciare il gruppo, minando anche alla solidità della maggioranza, che al Senato ha già dimostrato di avere dei numeri risicati, anche se, almeno nell’elezione di Ignazio La Russa a presidente, è arrivato qualcuno in loro soccorso.