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Epatite Delta, che cos'è la malattia che ha una nuova cura

Tra tutte le epatiti croniche virali, l’Epatite Delta (D) rappresenta la forma più aggressiva e pericolosa, poiché comporta il rischio di sviluppare più rapidamente una malattia avanzata di fegato, cirrosi e tumore

Ciononostante l’Epatite D  è anche la forma meno conosciuta tra tutte le epatiti virali, caratterizzata da aspetti che spesso si fatica a far emergere. L'infezione acuta da virus dell’Epatite D, infatti, spesso non causa disturbi (sintomi) evidenti: questo significa che un individuo potrebbe non rendersi conto di averla contratta. Anche nei centri epatologici spesso c’è poca formazione sulla corretta gestione diagnostica della malattia.

Si stima che nel mondo ci siano 10-20 milioni di soggetti infetti e che circa il 10% di pazienti con Epatite B abbiano anche la Delta. In Italia si stima che ci siano circa 10-15mila persone affette da Hdv.

Epatite Delta: di cosa si tratta

L’agente infettivo dell’Epatite Delta è noto come HDV: viene classificato tra i virus cosiddetti satelliti, o subvirioni, che necessitano cioè della presenza di un altro virus per potersi replicare. Il virus dell’Epatite D per infettare le cellule epatiche richiede in particolare l’ausilio del virus dell’Epatite B. L’Epatite Delta infatti si manifesta quindi solo nelle persone affette da Epatite B.

Epatite Delta: i sintomi

Come si legge nel sito dell’Istituto Superiore di Sanità, sebbene l’infezione acuta da virus dell’Epatite D e B spesso non causi disturbi evidenti, anche in assenza di sintomi, tutte le persone con epatite possono comunque trasmettere l'infezione.

La sintomatologia, quando presente, può essere molto variabile. Se i disturbi si sviluppano, di solito entro tre mesi dal contagio, possono includere: dolore muscolare e articolare, febbre, malessere, spossatezza, perdita di appetito, dolore addominale, urina scura e feci pallide, di colore grigio, prurito della pelle e ittero, ovvero ingiallimento degli occhi e della pelle.

Anche l'epatite cronica (a lungo termine) può non causare alcun disturbo evidente per tempi lunghi, fino a quando il fegato non smette di funzionare correttamente. Questa situazione può essere scoperta attraverso alcuni esami del sangue, quali, ad esempio, la ricerca delle transaminasi, enzimi normalmente contenuti all’interno delle cellule del fegato che vengono rilasciati in grandi quantità quando le cellule del fegato vanno incontro a morte (necrosi) a causa dell’infiammazione. In questi casi, potrebbero comparire anche altri disturbi tra cui ittero, gonfiore alle gambe, alle caviglie e ai piedi, stato confusionale, sangue nelle feci o vomito. In casi più avanzati si potrebbe sviluppare poi un cancro al fegato (epatocarcinoma).

Epatite Delta e prevenzione

Per quanto riguarda le misure preventive, va ricordato che il vaccino contro l’Epatite B è in grado di proteggere anche contro l’Epatite D. In Italia, la vaccinazione per l’Epatite B è obbligatoria dal 1991: il virus è infatti quasi assente nella popolazione under 40 ma può essere riscontrato in altre fasce anagrafiche e in soggetti non nati in Italia.

Il farmaco che offre una nuova chance di cura

È di poche settimane fa la notizia dell’approvazione da parte dell’AIFA della rimborsabilità di un nuovo farmaco, bulevirtide, il primo specificatamente indicato per il trattamento dell’epatite cronica da HDV, che permetterà di migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti affetti da questa patologia.