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Erika Lemay: «Io mi salvo da sola»

Non aveva un amico, un parente che le desse una mano?
«Non sono una che chiede aiuto. In tanti si sono offerti, nessuno ha preso un volo. È stata la prima volta in cui mi sono sentita davvero sola: non avevo più neanche la mia arte a farmi compagnia».

Ha sofferto molto?
«Ero troppo inguaiata e quando sei, scusi il termine, nella merda, non hai tempo per fare la vittima. In compenso, avevo molto tempo libero, una novità per me».

Come l’ha impiegato?
«Mi sono trasferita a Lisbona: la mattina facevo riabilitazione, il pomeriggio scrivevo il mio libro».

Almost Perfect, dedicato «a tutti coloro che mi hanno detto di mollare». Chi erano queste persone?
«Ce ne sono state a centinaia, a cominciare dal direttore della prima compagnia circense con cui ho lavorato. Non avevo il fisico per il verticalismo. Lui sosteneva che dovessi lasciar perdere. Oggi lo ringrazio: mi ha spronato a eccellere proprio in quella disciplina».

Anche i suoi genitori la spronavano?
«Mai. Mi amano in maniera incondizionata e sarebbero stati fieri di me anche se fossi diventata una colf».

Loro di che cosa si occupano?
«Sono impiegati normali che fanno una vita normale: lavoro, figli, periferia, tv. Si spaventavano per i miei eccessi di perfezionismo: quando a scuola mi tormentavo se prendevo 98/100, mia madre si preoccupava».

Da dove nasce, dunque, la sua spinta all’eccellenza?
«Nasce insieme a me. A tre anni mettevo tutte le scarpine in ordine e impazzivo se avevo un capello fuori posto, a 12 supplicavo i miei di mandarmi a studiare alla scuola di circo di Mosca, dove sarei stata trattata duramente ma avrei raggiunto risultati più alti. Volevo emozioni forti, volevo follia. Infatti, quando sono caduta, avevo una sola paura».

Quale?
«Una vita tiepida».

Timore infondato: oggi sta progettando un’esibizione appesa a un elicottero sulle Alpi Svizzere.
«Sono stata molto fortunata: le chance di ricominciare erano pochissime. Non ci credeva nessuno, neanche io».

Quando ha capito che, invece, poteva farcela?
«Avevo iniziato a fare la direttrice creativa di spettacoli, ne stavo realizzando uno per Valentino. La coreografia era semplice, la producer ha insistito che fossi io la protagonista, e dopo un po’ mi ha convinto».

Pensa mai al suo ritiro dalle scene?
«Di sicuro smetterò prima che qualcuno dal pubblico possa chiedersi: “Ma è una nonna quella?”. In ogni caso non mi preoccupo: la mia vita è ricca anche giù dal palco».