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Evergrande sospende le contrattazioni in borsa: c'è rischio di una Lehman Brothers d'Oriente?

Vediamoci chiaro / Cina

Un collasso dell'azienda immobiliare costituirebbe una rilevante fonte di rischio finanziario per la Cina, con possibili ricadute sociali e ripercussioni sui mercati internazionali. Ma una crisi finanziaria globale è per ora lontana

Il colosso immobiliare cinese Evergrande è un malato terminale. Schiacciato da 327 miliardi di dollari di passività, Evergrande è diventato l'emblema della crisi immobiliare in Cina, mettendo così in discussione la crescita sfrenata del settore del real estate che ha rappresentato per decenni il 20 per cento del Pil della Repubblica popolare. La crisi del settore in Cina era evidente da tempo e il Partito comunista è corso ai ripari per frenare un mercato che andava a ruota libera. I tentativi messi in campo dal presidente Xi Jinping, che nel 2020 ha imposto una legge per azzerare i prestiti bancari agli sviluppatori cinesi fortemente indebitati, hanno permesso a colossi come Evergrande di sopravvivere con continui pagamenti di bond in scadenza e annunci di ristrutturazione del debito.

Cosa sta succedendo al colosso immobiliare?

Ma un salvataggio all'ultimo minuto potrebbe non garantire lunga vita agli sviluppatori cinesi. I guai per Evergrande sono aumentati nel 2021, quando il colosso è andato in default più volte, perdendo 81 miliardi di dollari nel 2021 e nel 2022. Il rischio fallimento diventa sempre più concreto. Evergrande ha sospeso nella giornata del 28 settembre le contrattazioni sulle sue azioni alla Borsa di Hong Kong, insieme a quelle delle controllate attive nei servizi immobiliari (Evergrande Property Services) e nei veicoli elettrici (Evergrande Nev). I titoli dello sviluppatore immobiliare cinese più indebitato del mondo hanno ceduto lo scorso 26 settembre quasi il 7 per cento, dopo che la sua principale controllata sul mercato domestico, Hengda Real Estate, ha riferito in una comunicazione alla Borsa di Shenzhen di non aver pagato capitale e interessi di un bond da 4 miliardi di yuan (547 milioni di dollari) in scadenza il 25 settembre.

La notizia è arrivata dopo che Evergrande ha dichiarato il giorno prima, il 24 settembre, di non essere in grado di emettere nuovo debito a causa delle indagini in corso proprio su Hengda, alla base del crollo del 22 per cento delle azioni del gruppo di Shenzhen. 

Evergrande aveva riportato agli scambi i propri titoli appena un mese fa, dopo una sospensione di quasi un anno e mezzo: la mossa si era resa necessaria per far avanzare il piano di ristrutturazione. Ad agosto il colosso immobiliare aveva chiesto a un tribunale di New York di poter accedere a una legge fallimentare statunitense, per cercare di evitare la liquidazione, richiedendo la protezione del Capitolo 15 previsto per i casi di insolvenza che coinvolgono società non statunitensi quotate a Wall Street. Ma di recente ha dovuto rivedere i propri piani di gestione sia per il debito in Cina sia per quello con creditori stranieri. E con le perdite che continuano ad aumentare, si concretizza il rischio di default. 

I guai giudiziari per i vertici dell'azienda

Ai problemi di liquidazione si aggiungono quelli legali. Dopo gli arresti di inizio mese di alcuni dipendenti dell'unità di gestione patrimoniale del gruppo da parte delle autorità di Shenzhen (che non hanno specificato il numero dei fermati e le loro accuse), anche il presidente di Evergrande, Hui Ka Yan (o Xu Jiayin, suo nome in cinese) si troverebbe sotto sorveglianza della polizia cinese. Secondo Bloomberg, si tratta di un tipo di azione di polizia che non rientra nella detenzione o nell'arresto formale e non significa che Hui sarà accusato di un crimine. La sospensione dalle negoziazioni alla borsa di Hong Kong è maturata proprio all'indomani della notizia del fermo di Hui. Secondo il media cinese Caixin, si troverebbero in detenzione anche Pan Darong, ex direttore finanziario del gruppo, e l'ex amministratore delegato Xia Haijun, tornato in Cina intorno alla metà del 2022.

La società, un tempo la seconda del settore in Cina per fatturato, era andata in insolvenza nel 2021 a causa del forte indebitamento, mandando in crisi l'intero mercato immobiliare del gigante asiatico e lasciando incomplete e invendute numerose appartamenti. Di quante abitazioni parliamo? Alla fine di agosto, la superficie complessiva delle case invendute ammontava a 648 milioni di metri quadrati, stando agli ultimi dati dell'Ufficio nazionale di statistica cinese. Ciò equivarrebbe a 7,2 milioni di case, secondo i calcoli della Reuters, basati sulla dimensione media di un appartamento di 90 metri quadrati. Una eccessiva mole di appartamenti vuoti disseminati in tutto il paese che potrebbe non essere riempita nemmeno da tutti i 1,4 miliardi di cinesi, stando a quanto sottolineato da un ex funzionario del Pcc in quella che sembra una aperta critica al settore immobiliare. 

C'è rischio di una nuova Lehman Brothers?

I problemi di liquidità che stanno attanagliando Evergrande (così come altri colossi cinesi, come Zhongrong International Trust, Sunac China e Country Garden, che ha già accumulato 200 miliardi di dollari di passività) sollevano dubbi sulla possibilità che il colosso immobiliare possa completare la ristrutturazione del debito, rendendo reale lo spettro della liquidazione. Un collasso dell'azienda immobiliare costituirebbe una rilevante fonte di rischio finanziario per la Cina, con possibili ricadute sociali e ripercussioni sui mercati internazionali (come abbiamo spiegato qui). 

Perché queste società non si occupano solo di immobiliare, ma hanno altre attività in cui hanno investito grazie anche a un sistema bancario ombra. In un sistema fatto di scatole cinesi, il rischio è quello di una reazione a catena che colpisce in primis il fitto mondo dei fondi fiduciari, profondamente intrecciati al settore immobiliare, anche con bilanci sani. I timori di una liquidazione di Evergrande, in vista dell'udienza al tribunale di Hong Kong il prossimo 30 ottobre, diventano reali. Ma un possibile "momento Lehman Brothers" d'Oriente, paventato da Zhang Xiaoxi di Gavekal Research al Wall Street Journal è per ora lontano.

Secondo quanto sostiene il giornalista economico Martin Wolf sul Financial Times, il pericolo non è quello di un'enorme crisi finanziaria, dal momento che la Cina è un paese creditore. Basti pensare che il secondo detentore del debito federale Usa è proprio la Repubblica Popolare Cinese, con 848,8 miliardi di dollari. Pechino, con interventi anche drastici, ha evitato il collasso di Evergrande senza esporsi direttamente. Il Partito comunista ha però un compito cruciale se vuole evitare il collasso finanziario e il malcontento sociale (la priorità per Pechino rimane l'ordine pubblico): riaccendere la fiducia di investitori e consumatori. Una sfida comunque non facile.