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Guardia medica? Un call center. Sempre meno visite a domicilio

Il tracciamento rivela come circa il 90% delle chiamate venga "risolto" al telefono. Insignificante l'aumento, in dieci anni, dei medici. Il Piemonte molto sotto la media nazionale. Picco: "Doteremo i professionisti di tablet per gestire e registrare l'attività"

Guardia medica, sempre meno visite a domicilio e più indicazioni al telefono. “Un tempo lo standard era la visita domiciliare, adesso è l'indicazione telefonica o la visita in ambulatorio", conferma Carlo Picco, commissario di Azienda Sanitaria Zero. La riduzione delle uscite delle guardie mediche, anche superati gli effetti della pandemia, è confermata dal monitoraggio costante che viene svolto analizzando i dati della centrale che gestisce le chiamate al numero unico 116 117.

"La valutazione se recarsi o meno a casa del paziente è del medico, che non è istituzionalizzato in un contesto di dipendenza, ma di medicina generale, sostanzialmente più vicini ai liberi professionisti”, spiega Piccoche proprio sul fronte del servizio di guardia medica è in procinto di fare un ulteriore passo in avanti dopo l’istituzione del numero unico. “Intendiamo fornire alla guardia medica un tablet con cui essere costantemente collegati con la centrale e gestire in tempo reale le richieste, i report, le diagnosi e le prescrizioni. Si tratta di un mezzo per agevolare il lavoro – spiega – ma anche per estendere ulteriormente la tracciatura di ogni passaggio, sia a tutela dei pazienti, ma non di meno degli stessi medici”. Medici che, come accade per quasi tutte le branche del servizio sanitario, anche per la continuità assistenziale soffrono una carenza rispetto agli standard. "Le difficoltà per il reclutamento dei professionisti siamo riusciti a superarle in buona parte, certo si è lontani dai parametri ideali", ma non solo in Piemonte.

Rffrontando i dati dell'Annuario del Servizio sanitario nazionale del 2021 con quelli del 2011, emerge come l’ultima rilevazione relativa a due anni fa attesti in 463 il numero dei medici impiegati in 126 postazioni su tutto il territorio regionale rispetto ai 369 per 138 postazioni del 2011. Oggettivamente un incremento modesto del numero di professionisti impiegati, sempre sulla base dei 100mila assistiti: in dieci anni si è saliti da 8 a 11, rispetto a una media nazionale di 18 certamente condizionata dai parametri assai più elevati al centro-sud rispetto al Nord. Per fare un esempio, se il Piemonte è a 11 come il Veneto, la Lombardia a 10 e l’Emilia-Romagna a 5, il rapporto medico-100mila abitanti schizza a 44 in Sardegna, 39 in Calabria, 20 in Campania e 47 in Basilicata.

“Alla carenza di medici si aggiunge il fatto che l’organico della guardia medica ha avuto una forte contrazione durante l’emergenza Covid, con molti professionisti che hanno optato per le Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale, perché molto più remunerative e di questo ancora si pagano le conseguenze”, osserva Antonio Barillà, segretario regionale dello Smi, sigla di rappresentanza dei medici di medicina generale. Ed è ancora il sindacalista dei camici bianchi a tradurre in maniera più diretta e cruda la notazione di Picco sulla prevalenza delle indicazioni al telefono rispetto alle visite a domicilio: “La guardia medica è sempre più un call center. La positiva istituzione della centrale per il numero unico e il tracciamento dell’attività, fa emergere come circa il 90% delle richieste venga evaso con un consulto telefonico”. Dal fronte sindacale “si spera che i nuovi accordi integrativi regionali possano rivedere e migliorare il servizio di continuità assistenziale. Così com’è – sostiene Barillà – non può andare avanti, non si può svolgere un servizio per la quasi sua totalità al telefono”.

Un aspetto, con molte cause ad incominciare proprio dalla scarsità di professionisti che spesso devono coprire più di una postazione, che è emerso con chiarezza “proprio grazie al tracciamento informatico grazie al numero unico che oltre a semplificare il servizio per i cittadini, prima costretti a districarsi tra un’infinità di numeri – spiega il commissario di Azienda Zero – ha consentito anche di avere un quadro costante e preciso dell’attività, utile per migliorare e se necessario correggere questa attività sul territorio”. E proprio sul territorio dove si gioca la difficile partita di una riforma tanto necessaria quanto ancora attesa a livello nazionale, la guardia medica rappresenta oggi un aspetto ancora per molti versi denso di problemi. “Il cardine per la continuità assistenziale saranno le Aft, le aggregazioni funzionali territoriali ovvero i raggruppamenti di medici di famiglia, con un’integrazione forte – spiega Picco – con la guardia medica per garantire il servizio nell’arco delle ventiquattr’ore, superando criticità che, pur con differenze tra diversi territori, ancora esistono”.