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Guerra in Iraq, 20 anni fa l’invasione americana

Le tappe del conflitto e il racconto dei cittadini di Baghdad e di ciò che è stata la loro vita degli ultimi due decenni

di Andrea Barbuto,

Sono passati esattamente vent’anni dall’invasione americana dell’Iraq. Il 20 marzo del 2003 le truppe statunitensi iniziavano il conflitto voluto dall’allora presidente George W. Bush che, dopo la guerra ai talebani per gli attentati delle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, aveva messo nel mirino Saddam Hussein.

Il ‘casus belli’, secondo quanto dichiarato all’epoca dagli stessi americani, era il presunto possesso di un arsenale di armi di distruzione di massa da parte del regime del dittatore iracheno. Di questo arsenale e delle armi chimiche millantate non se ne ebbe però mai riscontro.

L’intervento all’Onu di Colin Powell

Storico fu l’intervento all’Onu, il 5 febbraio 2003, di Colin Powell, generale pluridecorato e primo afroamericano a ricoprire la carica di Segretario di Stato del governo degli Stati Uniti. Con una fialetta di polvere bianca tra le mani Powell sostenne la tesi delle armi di distruzione di massa possedute dall’Iraq, legittimando di fatto l’apertura alla guerra.

Nella sua invettiva, durata oltre un’ora, Powell invocò più volte il “first strike” seguendo “la dottrina Bush” introdotta dall’allora presidente dopo i fatti delle “Twin Towers” che legittimava la difesa preventiva e dava il diritto a “sparare per primi”. La motivazione, nel caso dell’Iraq, era evitare che il dittatore Saddam si dotasse di altre armi capaci di colpire nuovamente gli Stati Uniti.

L’opposizione di Francia e Germania

L’ipotesi di un’invasione americana creò non poche tensioni internazionali, con Francia e Germania che si dissero totalmente contrarie sin da subito. Washington però proseguì, supportata dal Regno Unito di Tony Blair e poi dall’Italia che dislocò i suoi reparti a Nassiriya. La presa delle principali città da parte della coalizione occidentale avvenne in tempi piuttosto rapidi con la deposizione di Saddam a distanza di pochi mesi. Arrestato nel dicembre 2003, il dittatore venne condannato nel novembre 2006 da un tribunale iracheno per cimini contro l’umanità: condannato a morte per impiccagione venne giustiziato il 30 dicembre 2006.

Anniversario della guerra In Iraq
Anniversario della guerra In Iraq

Anniversario della guerra In Iraq

Gli otto anni di conflitto

Ciononostante, il conflitto durò per anni tramutandosi abbastanza presto in una resistenza e in una guerra di liberazione dalle truppe straniere, considerate invasori da molti gruppi armati arabi tanto sciiti quanto sunniti.

Le ostilità terminarono ufficialmente nel dicembre 2011 col passaggio definitivo di tutti i poteri alle autorità irachene insediate dall’esercito americano su delega governativa statunitense. Una situazione al termine della quale il Paese non ebbe la pace sperata e che anzi, dopo una serie di battaglie, vide le tensioni interne sfociare in una guerra civile che diede vita alla nascita dello Stato Islamico, meglio noto come Isis.

La situazione attuale

Vent’anni dopo l’invasione dell’Iraq da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna, Baghdad è un posto molto diverso. Le ondate di violenza settaria e di attentati dinamitardi che tormentavano la capitale irachena fino a pochi anni fa sono quasi scomparse. Ora la metropoli sta via via rifiorendo e la vita dei cittadini si svolge apparentemente in maniera serena con gite in barca, cene al ristorante e gente che fa barbecue nei numerosi parchi verdi della città.

Dal punto di vista sociopolitico, però, il Paese rimane ostacolato da una politica faziosa, dalla corruzione soffocante e dalla grande povertà nonostante la sua enorme ricchezza petrolifera. Questo, almeno, è quello che testimonia la maggior parte degli iracheni che ha espresso frustrazione e persino disperazione per come stanno andando le cose nel loro paese.

Anniversario della guerra In Iraq

Anniversario della guerra In Iraq

“Dopo la caduta del regime pensavamo che l’Iraq si fosse sbarazzato del tiranno Saddam Hussein, e che saremmo stati in condizioni migliori. Ma è stata una tragedia dopo l’altra. Saddam non c’è più, ma abbiamo altri 20 o anche 1.000 Saddam”, racconta Hussein Ali, un giovane autista di tuktuk.

Gli fa eco Hussein Jaafar, venditore ambulante secondo cui ciò che è accaduto dopo l’invasione americana “è stato molto diverso da quello che sognavamo, pensavamo di muoverci verso una situazione migliore ma invece è successo il contrario”, ha detto l’uomo.

C’è però chi quotidianamente si dà da fare per quel tanto atteso cambiamento e guarda con positività al futuro: “Ho fiducia che i giovani siano quelli che guidano le idee, sono loro che guidano la rivoluzione”, sostiene l’attivista per i diritti delle donne Baraa Salman che si dice ‘ottimista’, così come Adel al-Maleki, artista di strada secondo cui “i bei giorni stanno per arrivare”.

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