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I profumi e i sapori della pastiera napoletana

“Sua Maestà la pastiera” esclamò più volte Eduardo De Filippo, che amava questa leccornia simbolo della tradizione partenopea tanto da citarla nella poesia “Pasca e Natale”. Si avvicina Pasqua e come ogni anno ci ritorna in mente l’immagine regale del dolce che non manca mai nelle case di Napoli e che piace in tutto mondo.

Non sappiamo se le sue origini si riferiscono alla leggenda della sirena Partenope, cui gli abitanti del golfo regalarono sette doni, ciascuno corrispondente a un ingrediente e a un simbolo (quali la farina per la ricchezza, o le uova per la fertilità), oppure alla mano di una suora in un convento di San Gregorio Armeno del sedicesimo secolo. Di certo le religiose erano vere maestre nella preparazione delle pastiere. «Quando i servitori andavano a ritirarle per conto dei loro padroni – raccontava la scrittrice e gastronoma Loredana Limone (ideatrice e conduttrice del laboratorio di scrittura creativa gastronomica “Sapori letterari”) – dalla porta del convento, che una monaca odorosa di millefiori apriva con circospezione, fuoriusciva una scia di profumo che s’insinuava nei vicoli intorno e, spandendosi nei bassi, dava consolazione alla povera gente per la quale quell’aroma paradisiaco era la testimonianza della presenza del Signore». Dolce così buono che riuscì a strabiliare dopo il primo assaggio Maria Teresa d’Austria, consorte del goloso re dei Borboni Ferdinando II, il quale commentò soddisfatto: «Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo».

La prima ricetta scritta della pastiera napoletana appare nell’opera del cuoco Antonio Latini “Lo scalco alla moderna”, pubblicata a Napoli nel 1693. D’origine marchigiana, Latini svolse per tanti anni la funzione di scalco, ovvero soprintendente alle cucine, a cui spettava selezionare e dirigere i cuochi e la servitù, rifornire la dispensa e organizzare i banchetti. Nella città partenopea fu al servizio del reggente Esteban Carillo. La ricetta di quel tempo differisce non poco da quella di oggi: non ci sono uova, il grano viene passato e setacciato, è presente il parmigiano grattugiato, i pistacchi sono macerati in acqua di rosa Mosqueta (sostituita in seguito da acqua millefiori o di fiori d’arancio). Non è prevista la pasta frolla, ma pasta di marzapane.

Negli anni la pastiera si è trasformata dando forma a un abbinamento armonico dei suoi ingredienti base, anche se a Napoli ogni famiglia e ogni pasticcere ha una propria versione.
La ricetta originale (La Cucina Italiana), per 10 porzioni, prevede 600 grammi di farina 00, 300 grammi di strutto, 400 grammi di zucchero semolato, 8 uova, 500 grammi di latte, 600 grammi di ricotta di pecora, 250 grammi di grano cotto, 100 grammi di cedro e arancia canditi, a dadini, mezza busta di vanillina, mezzo baccello di vaniglia, acqua di fiori d’arancio, limone, cannella in polvere, sale, arancia e burro.

Cosa ci aspettiamo dalla Pasqua 2023? Dove gustare le migliori pastiere napoletane? Ecco una piccola selezione di pasticcerie che sicuramente potranno soddisfare le nostre curiosità.

Gran Caffè Gambrinus, Napoli
Via Chiaia n.1. Aperto tutti i giorni.
Non solo caffè letterario ma angolo del gusto della città. Gambrinus è da più di un secolo e mezzo uno dei simboli di Napoli, meta di qualsiasi tipo di visitatore che vuole provare l’emozione di sedersi tra antichi stucchi e pregevoli affreschi, oppure affacciarsi sul Palazzo Reale tra la piazza del Plebiscito e il Teatro San Carlo. La pastiera elaborata dallo chef Stefano Avellano prevede la pasta frolla e il ripieno di ricotta, grano (cotto con piccole quantità di latte, strutto e sale), uova, acqua millefiori, vaniglia, cubetti di arancia candita e limone grattugiato.

La mega pastiera di Gambrinus realizzata nel 2019

Antica Pasticceria Vincenzo Bellavia, Napoli
Piazza Muzii e Via Leopardi. Aperto tutti i giorni.
Da quasi un secolo i discendenti del palermitano Antonio Bellavia continuano a offrire i gusti, i sapori e gli odori della pasticceria napoletana, siciliana e internazionale. Il grano cotto, il latte, il burro e la scorza grattugiata di un limone si mescolano al composto di ricotta, zucchero, tuorli e uova intere, bacche di vaniglia, acqua di fiori d’arancio e un pizzico di cannella, per preparare il ripieno della pastiera, decorata esternamente con le strisce a forma di croce di Sant’Andrea.

Pasticceria Pansa, Amalfi (Sa)
Piazza Duomo 40. Aperto tutti i giorni.
Spostandoci verso sud di una cinquantina di chilometri troviamo l’innovazione e la creatività dei fratelli Andrea e Nicola Pansa che ad Amalfi presentano una versione della pastiera che si discosta leggermente da quella classica. La particolarità principale della ricetta – spiegano i due – consiste nella scelta, tramandatasi da generazioni, di aggiungere anche la crema pasticcera che contribuisce ad amalgamare e veicolare al meglio gli aromi di tutti gli ingredienti e garantisce alla pastiera un grado superiore di morbidezza. Una prelibatezza, questa, apprezzata dal giovane Carlo Azeglio Ciampi che l’assaggiò per la prima volta durante il servizio di leva, come confessò lui stesso durante una visita alla città cinquant’anni dopo. In suo onore i fratelli Pansa la ribattezzarono “La pastiera del Presidente”.

Pasticceria Santaniello, Nola (Na)
Via G. Fonseca 11/12. Aperto tutti i giorni.
Vincitrice del concorso Regina Pastiera 2022 (seconda edizione), ideato a Milano da Salvatore Porzio, la versione del pasticciere Salvatore Vitale ha ottenuto il consenso della giuria qualificata di esperti. I profumi delicati e allo stesso tempo persistenti, la fragranza della pasta frolla che accoglie il grano cotto nel latte e la ricotta di mucca freschissima e di prima scelta fanno della pastiera della pasticceria Santaniello uno dei prodotti più rinomati della regione. Giovanni, insieme alla sua famiglia, porta avanti la tradizione di suo nonno che si trasferì dall’Irpinia a Napoli per seguire la scuola fondata da Luigi Caflich, figura emblematica e grande innovatore della pasticceria napoletana del diciannovesimo secolo.

Sal De Riso, Minori (Sa)
Via Roma 80. Aperto tutti i giorni.
Il maestro pasticcere pluripremiato propone, oltre alla versione tradizionale, una moderna rivisitazione del dolce napoletano, caratterizzata da una particolare mousse al soffiato di pastiera. La crema, con grano cotto, ricotta di mucca e panna semi-montata è aromatizzata con cubetti d’arancia candita, gocce di fior d’arancio, cannella in polvere e bacca di vaniglia. All’interno dello stampo il biscotto di pasta frolla già cotto è ricoperto da uno strato di crema soffiato, sul quale è posizionato un disco di pan di spagna inzuppato all’arancia. Il tutto è riempito con la crema fino al bordo e rifinito con la glassa all’arancio, su cui v’è la decorazione con il cioccolato stilizzato a forma di uovo e dischi di cioccolato colorati.

Pasticceria Cucchi, Milano
Corso Genova 1. Aperto dal martedì alla domenica.
Da ottantasette anni la Pasticceria Cucchi è uno dei luoghi più alla moda della città, dove la tradizione milanese, la contaminazione artistica e i valori familiari incontrano l’arte pasticcera italiana. La giovane e talentuosa pastry chef Imma Iovine, campana di Castellammare di Stabia, propone una pastiera delicata, fragrante e bella da vedere. La sua personalizzazione prevede nell’impasto l’impiego del grano in chicchi, anziché frullato, una raffinata crema pasticcera e la ricotta di latte di bufala. Non v’è traccia di cannella, per esaltare il profumo delicato e fiorito di Neroli (olio essenziale estratto dal fiore dell’arancio amaro). Prima della cottura, quando il tutto è pronto nella tortiera, Imma prepara per la decorazione sette strisce di pasta frolla, che, secondo la leggenda, deriverebbero dai sette doni fatti alla Sirena Partenope, oppure, per una credenza popolare, riprodurrebbero la planimetria dell’antica città di Neapolis.


La Devozione, New York City
Chelsea Market 75 9th Avenue. Aperto tutti i giorni.
Nel suggestivo edificio a mattoncini di Manhattan, dove un tempo v’era la Nabisco, storica fabbrica degli Oreo, da un anno e mezzo il Pastificio Di Martino fa scoprire la pasta di Gragnano Igt agli americani e ai numerosi turisti provenienti da tutto il mondo. Nel concept multifunzionale di oltre quattrocento metri quadrati, progettato dall’architetto Marcello Panza e ispirato al design italiano degli anni ’50 e ’60, è possibile anche assaggiare la classica pastiera napoletana presso il Coffee & Cocktail Bar. Merito del pastry chef gragnanese Angelo Mattia Tramontano che nella Grande Mela presenta i dolci della tradizione napoletana e italiana, con passione e competenza. La sua “Pastenope” valorizza i tipici ingredienti, mettendo in risalto la friabilità della pasta frolla e l’aromaticità del ripieno. Lo zucchero viene unito alla ricotta e alla vaniglia in modo da creare una crema morbida arricchita in seguito da limone e arancia al naturale. Oltre alla versione classica, Tramontano propone un’originale rivisitazione della Pastenope: il fondo di pasta frolla accoglie la crema pasticcera e un disco di semifreddo alla pastiera, ricoperto da una glassa gialla e decorato con una chips di arancia.

Pastié, Legnano (Mi)
Anche Alberto Buratti assieme al suo collaboratore Simone, che ha origini napoletane e che tutti gli anni prepara pastiere per amici e parenti, da quest’anno si dedicano alla preparazione della pastiera nel totale rispetto della tradizione, contenitore compreso. «Abbiamo preso il ruoto dal Sud, e la pastiera la vendiamo nella tortiera, come dev’essere. Abbiamo preso i canditi buoni, di Cesarin, e la ricotta a chilometro zero, da Busto Garolfo, e il grano Senatore Cappelli, che cuociamo noi». Il tutto tramite il ristorante Koiné di Legnano, che provvede anche alla consegna a casa nei paesi limitrofi.