ROMA (ITALPRESS) – “Il Cadbury report rappresenta un momento fondamentale nell’evoluzione delle prassi di corporate governance e un punto di riferimento per i successivi codici di autodisciplina che, a partire da quel momento, hanno assunto un ruolo sempre più centrale”. E’ quanto sostiene Andrea Zoppini in un articolo pubblicato dal Sole 24 Ore, a 30 anni dalla pubblicazione del report, che in Italia è uscito per iniziativa di Paolo Scaroni, che ha scritto la prefazione.
“Oggi il ruolo del Cda nell’indirizzare e controllare l’attività dell’impresa è divenuto un tratto caratterizzante della governance di tutte le società quotate. Nonostante i rilevanti progressi, taluni punti fondamentali del dibattito sono rimasti costanti: essi attengono essenzialmente al ruolo di stimolo e controllo costruttivo che il consiglio deve assicurare a chi ha la responsabilità della gestione dell’impresa”, osserva Zoppini. Inoltre il Cadbury code evidenzia l’importanza e “il ruolo centrale del presidente nel coordinamento dei lavori e nel perseguimento dell’interesse sociale. Il ruolo del presidente è fondamentale per mantenere centrale l’interesse della società, in particolare quando esso non coincida immediatamente con quelli degli azionisti. Ma il ruolo del presidente è centrale anche per la gestione dei flussi informativi diretti al consiglio di amministrazione ovvero provenienti da esso”.
Ma c’è di più: infatti – osserva ancora Zoppini – “le funzioni del presidente oggi sono ulteriormente evolute. Se prima esse si concentravano prevalentemente sui flussi endosocietari e su quelli provenienti dai soci, oggi il presidente del Cda è il punto di riferimento anche per i flussi informativi tra la società e tutti gli stakeholder, il coinvolgimento dei quali è centrale per il perseguimento di politiche di sostenibilità orientate al lungo periodo”.
Inoltre le raccomandazioni del Cadbury code “conservano grande attualità anche in relazione a un altro cruciale profilo: la composizione quali-quantitativa del board. Cadbury sottolineava chiaramente che non soltanto servono competenze professionali diversificate, ma anche qualità individuali, non dovendo, ad esempio, mai mancare una certa dose di coraggio in un consigliere. A tal fine appare perciò raccomandabile che nei consigli sieda un adeguato numero di soggetti con adeguate esperienze manageriali dotati della necessaria autorevolezza nella dialettica interna al Cda”.
In conclusione, osserva Zoppini, “gli insegnamenti di Cadbury mostrano, tuttavia, che miglioramenti sono ancora possibili in relazione a diversi profili e che le cosiddette migliori prassi di corporate governance sono in continua evoluzione, anche in considerazione delle nuove sfide poste dalla sostenibilità e dall’evoluzione tecnologica”.

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