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Io, Stefano e la sclerosi multipla: il mondo in casa nostra

È una potenza Stella. Una donna di cui innamorarsi. Viene dalla Nigeria. Arrivò in Italia per studiare all'università e prendersi cura di suo padre. Ha un sorriso che conquisterebbe chiunque. La sua pelle profuma e mi fa pensare all'ebano ed è un fascio di muscoli quando mi solleva per le manovre. La sua età molto matura però è un freno per assumerla. Ma resta un contatto prezioso e farò di tutto per aiutarla a lavorare.

A voler trovare un lato positivo in questa sfiancante ricerca di un'assistente, è il fatto di avere donne che mi portano il mondo in casa, io che ero una viaggiatrice da ben prima di conoscere Stefano e poi insieme a lui. Con la disabilità grave viaggiare è diventato un ricordo. Ma oggi farmi quattro chiacchiere in inglese fluente con lei mi fa smettere per un attimo di essere una persona disabile assistita, e mi fa tornare giornalista. Non dovrei farmi condizionare, devo parlare di orari, di contratto badanti, di stipendio, di manovre. E invece per un po' ritorno come ai vecchi tempi. Che aria tira nel tuo Paese, Stella? Perché ti sei fermata qui e non sei approdata a Paesi dove l'accoglienza è migliore? Questa nella foto che fa atletica è tua figlia? So bene che sottobosco ci sia nella mia tranquilla cittadina di provincia, e so che destino hanno molti dei tuoi connazionali qui, lo spaccio o la prostituzione. Vorrei che la gente conoscesse più persone come Stella o la sua amica Nicoletta, sorriso candido e beffardo sul volto nero come la notte, quando in colloquio mi disse "io Lei la conosco! Assistevo una sua vicina di casa e la vedevo a spasso con la sua carrozzina fluo".

Per me e Stefano affrontare una nuova stagione di colloqui con donne delle nazionalità più diverse è una gran fatica se si guarda all'obiettivo (che non è facile neanche per un'italiana, figurarsi). Ma se ho smesso di viaggiare, con queste donne io conosco altri mondi nel mio salotto, nella mia camera da letto, persino in doccia. Ve la immaginate, una prova dentro la doccia a parlare in inglese per divertirsi e togliersi di torno il macigno della malattia?

Anche Maria, di Marrakech, mi ha fatto lo stesso effetto. Una gran foga nel dimostrarmi quanto vale, perché Maria appena separata ha bisogno di lavorare. È bella Maria, due occhi neri che fanno innamorare e un'intelligenza acuta. Certo che ti posso sollevare Laura, no che non mi fai male, lasciami provare quanto valgo. Mi spezza il cuore: ne ho provate a decine di assistenti, e so che con quel corpo alto e magro non potrà durare. Anche a Maria devo dire di no. E anche lei, farò di tutto per aiutarla. 

Ma basterebbe tornare a Maddie, la fida assistente peruviana che deve lasciarmi per un problema della figlia, per raccontare una storia che è un mondo. Maddie sconta un passato molto difficile su tutti i fronti, non posso entrare in dettaglio. Nell'anno e mezzo del nostro rapporto mi ha illuminato non solo su certi mondi lontani, ma anche su certo sottobosco della… Tranquilla cittadina di provincia. Che visuale privilegiata sono 'costretta' ad avere! Un tempo, con un taccuino in mano, avrei pagato per sentire queste storie. Oggi le sento, e non posso raccontarle. Ma queste storie mi raccontano tanto delle donne che mi toccano, manovrano, assistono. Mi racconta tanto in questi giorni anche Erika. È preoccupata, perché nel suo Ecuador c'è una guerra civile spietata. Mi chiedo, possibile che qui non se ne parli? Anche Rosy, dominicana, mentre fa la sua prova mi parla del dittatore che imperversa nel suo paese, Trujillo, uno che stupra e ammazza come niente fosse. Mi parla della sua Colombia anche Flavia, amica e assistente storica. Mi racconta del suo volo aereo in piena pandemia per andare a recuperare la madre malata. Flavia che è tornata dalla Colombia e fa la badante per pagarsi un'altra badante per la madre: che paradosso e che crudeltà. Come fanno queste donne a essere così resilienti?

Come fa Olga, moldava, a mantenere il sangue freddo mentre la sua famiglia, che vive in Ucraina vicino a Odessa, affronta la guerra? Me la ricordo lo scorso febbraio Olga, con me a dormire in una delle trasferte di Stefano. Mi ricordo i suoi occhi pesti la mattina dopo. "Non ho dormito nulla, stavo al telefono a parlare con mia madre, rintanata in cantina per i bombardamenti di Putin". Oggi Olga ha portato sua madre qui in Italia, per fortuna. 

Sono donne non solo resilienti ma di gran cuore, come Margherita, polacca, che senza neanche conoscermi - con il solo contatto telefonico - si è messa in testa di aiutarmi e mi sta cercando, lei, persone. "Poi voglio conoscerti però, sento che lo  meriti", chiosa nella nostra ultima chat.

Al di là della durezza di questa vita - l'incognita e la fatica della non autosufficienza sono un calvario per me e Stefano - io imparo e assorbo da  queste donne. E mi ricordo che sarò sì sfortunata, sarò sì gravemente disabile. Ma ho beccato la fortuna di nascere dalla "parte giusta" del mondo. Malamente, ma io sono protetta. Queste donne non sono protette. Non hanno nessun paracadute. E non basta certo un permesso di soggiorno permanente.

Grazie di questo remind.

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