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L'andropausa esiste davvero? I sintomi e gli effetti sul corpo (e sul sesso)

Andropausa

“E’ una sindrome clinica legata ad un calo della funzione gonadica maschile che colpisce poco meno del 10% dei maschi fra 40 e 60 anni e il 15-20% degli over 70”. L'urologo Paolo Verze spiega come riconoscere i sintomi e trattarli

Per “andropausa” si intende il calo fisiologico e graduale della produzione degli ormoni sessuali maschili (androgeni) da parte dei testicoli con l’avanzare dell’età. Il suffisso “pausa” richiama, in maniera piuttosto evidente, la menopausa femminile, tuttavia questi ‘momenti’ fisiologici hanno ben poco in comune. Mentre nella donna la menopausa è una tappa obbligata che coincide con il termine della sua fertilità e comporta la scomparsa del ciclo mestruale e un rapido calo della produzione di estrogeni, nell’uomo non possiamo parlare di vera e propria “cessazione” delle capacità riproduttive. Il cambiamento ormonale del maschio in andropausa non è infatti ‘obbligato’, ma variabile da soggetto a soggetto, e graduale. “L’andropausa - spiega a Today Paolo Verze, professore associato di Urologia presso l’Università degli Studi di Salerno - è una sindrome clinica legata ad un calo della funzione gonadica (dei testicoli) maschile, per cui i livelli di ormoni androgeni circolanti si riducono. Si parla di sindrome perché quasi sempre si presenta con uno o più sintomi associati fra loro, il cui denominatore comune è proprio la riduzione del testosterone circolante”.

La produzione di testosterone inizia a scendere a partire dai 30-40 anni la (con un ritmo di circa 0,8-1% ogni anno), si rende evidente a partire dai 45-50 anni (a 50 anni un uomo in media produce il 40% del testosterone che produceva a 20 anni) ed aumenta una volta superati i 60-70 anni quando si percepiscono i primi effetti del calo (che possono riguardare la sfera sessuale, il comportamento, il sistema circolatorio e nervoso e cambiamenti fisici). Tuttavia, la percentuale di maschi che va incontro all’andropausa è relativamente bassa: poco meno del 10% fra 40 e 60 anni e il 15-20% degli over 70.

Prof. Verze, perché è scorretto definire l’andropausa una menopausa al maschile?

“Il termine “andropausa” in senso strettamente medico è di per sé improprio, perché fa creare un parallelismo con la menopausa femminile che nella realtà non esiste. La differenza sta nel fatto che la menopausa è un fenomeno fisiologico, potremmo dire programmato, in base al quale intorno alla quinta decade di vita le gonadi femminili (ovaie) smettono di funzionare e di produrre ormoni. Al contrario, le gonadi maschili (testicoli) sono teoricamente programmate per funzionare in maniera costante per tutto l’arco della vita, quindi mantenendo i livelli ormonali sempre normali, oltre a garantire la produzione degli spermatozoi. Infatti, l’altra differenza sostanziale con la menopausa sta nel fatto che quest’ultima determina l’interruzione del ciclo mestruale e quindi della produzione di ovociti, con conseguente infertilità irreversibile. Quindi più che parlare di andropausa sarebbe giusto parlare di sindrome da ipogonadismo maschile”.

Quali sono sintomi e a che età può manifestarsi?

“Non esiste una età di esordio specifica, anche se più frequentemente il declino ormonale si verifica intorno ai 50-60 anni. I sintomi possono essere numerosi, tant’è che come detto in precedenza, si parla di sindrome clinica. Quasi sempre i maschi affetti da ipogonadismo lamentano perdita del desiderio sessuale, disfunzione erettile e una forte riduzione del tono dell’umore. Altri disturbi molto indicativi sono stanchezza e riduzione della massa muscolare, aumento di peso, perdita dei peli, disturbi del sonno, difficoltà a concentrarsi, osteoporosi”.

Come viene diagnosticata?

“La diagnosi è piuttosto semplice: basta un prelievo di sangue per confermare i bassi livelli di ormoni e valutare da un punto di vista clinico la presenza dei suddetti sintomi. Quando si associano le due cose si può parlare di ipogonadismo”.

Ci sono soggetti più a rischio?

“Sicuramente sono quelli che hanno sofferto nella propria vita di una patologia testicolare per cui la funzione gonadica di produzione ormonale può alterarsi. Come esempi posso citare i soggetti con una atrofia testicolare, anche se parziale, riconducibile ad un criptorchidismo (mancata discesa del testicolo alla nascita) o una sub-torsione del testicolo”.

Quali sono le cause dell’ipogonadismo?

“La causa più frequente è la progressiva, anche se spesso lenta, perdita della capacità di produrre ormoni androgeni da parte delle cellule testicolari che sono dedicate a questa funzione. Con l’aumentare dell’età si osserva una progressiva fisiologica diminuzione sia del testosterone totale (1% circa per anno, dopo i 40 anni) che del testosterone libero, e un progressivo incremento di una proteina (la SHBG) che si occupa del trasporto dell’ormone nel sangue, rendendolo quindi meno disponibile, con un aggravamento dell’ipogonadismo. Va ovviamente precisato che questo processo non è detto che accada in tutti i maschi, e talvolta può essere anche solo transitorio, quindi reversibile, con una ripresa della produzione ormonale dopo un periodo di calo. Altro aspetto da sottolineare è che la carenza ormonale maschile può essere un problema a sé stante oppure rientrare in un quadro clinico più ampio definito sindrome pluri-metabolica, nel qual caso risulterà associata ad ipertensione, diabete, obesità con un rapporto di causa-effetto che ne rende la gestione sicuramente più complessa”.

Che funzioni svolge il testosterone e cosa comporta nell’uomo un calo di questo ormone?

“Il testosterone svolge molte funzioni, tutte di fondamentale importanza nel funzionamento del nostro organismo. Basti pensare a quanti sintomi possono derivare da una sua carenza per capirne il ruolo cruciale. È stato ad esempio dimostrato che livelli fisiologici di questo ormone assicurano un favorevole profilo lipoproteico, inducendo una diminuzione del colesterolo totale e del colesterolo LDL (lipoproteine a bassa densità); analogamente, svolge un ruolo protettivo sul metabolismo degli zuccheri, sul controllo del peso corporeo, sull’integrità dell’osso e del sistema nervoso. Infine, al testosterone spetta la funzione di vero e proprio “interruttore” della funzione sessuale maschile, dal momento che sovraintende a tutta la cascata fisiologica di risposta sessuale, dalla fase del desiderio all’orgasmo”.

Come viene trattata l’andropausa?

“Una volta accertata la carenza di testosterone nell’organismo, la terapia più efficace consiste nella rimozione di eventuali cause predisponenti e poi nella sostituzione dell’ormone. Come accennato in precedenza, nelle forme associate a sindrome pluri-metabolica sicuramente la gestione risulta più complessa, perché la somministrazione dall’esterno di ormone non può prescindere dall’adozione di modifiche dello stile di vita (come alimentazione normo-calorica, ricca di alimenti con componenti ad attività antiossidante, normalizzazione del peso corporeo, eliminazione del fumo di tabacco, incremento dell’attività fisica, ecc.) che aiutino a correggere le condizioni cliniche concomitanti, che sono in parte la causa ed in parte l’effetto della carenza di testosterone. Riguardo il tipo di farmaco da usare, va detto che in commercio esistono diversi preparati a base di testosterone: la scelta deve tener conto della modalità di somministrazione (si va dalle compresse, alle iniezioni intramuscolari, ai gel, agli spray e alle creme trans-dermiche), dei costi, delle preferenze del paziente, delle caratteristiche farmacologiche dei prodotti”.

La terapia con testosterone è sicura?

“Sì, la terapia con testosterone è assolutamente sicura, anche quando prolungata nel tempo. Le uniche cose da effettuare prima di iniziarla sono un’esplorazione rettale insieme a indagini ematochimiche per valutare l’antigene prostatico specifico (PSA), la funzione epatica, l’esame emocromocitometrico e l’assetto lipidico.

Si può prevenire l'andropausa?

“L’unica prevenzione possibile è quella di conoscere la sindrome dell’ipogonadismo, e quindi prestare attenzione a tutti i sintomi che abbiamo citato, non trascurandoli se presenti. Altra buona regola da seguire è quella di valutare i livelli di testosterone in circolo a partire dai 45 anni, in occasione di esami del sangue di routine”.