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L’inefficienza cronica della sanità italiana, tra risorse scarse e governance rivedibile

Oltre quattro milioni di italiani, nel 2022, hanno rinunciato alle cure di cui avevano bisogno. La principale ragione sembra vada cercata nella lunghezza delle liste di attesa. Da cosa dipende questo problema e come può essere risolto?

Le risorse a disposizione del servizio sanitario nazionale sono, come è ovvio, scarse. Di conseguenza è importante che siano impiegate in modo razionale, massimizzando la quantità e la qualità delle prestazioni offerte. Il vincolo di bilancio si è fatto particolarmente duro negli ultimi anni, a causa dell’aumento dei costi dettato dalle procedure post-Covid. È probabile che almeno in parte questa situazione sia destinata a essere permanente. Ne segue, quindi, che – a parità di altri elementi – è difficile uscire da questa situazione senza stanziare ulteriori fondi. È quello che in parte fa il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il quale però si concentra sulla realizzazione di nuove strutture (come le cosiddette case della salute) che rischiano di generare maggiore fabbisogno di spesa corrente, anziché attenuare questo problema.

Tuttavia, proprio la ristrettezza delle risorse rende cruciale adottare una governance del settore attenta all’efficienza gestionale. Diventa dunque necessario individuare strumenti appropriati per mettere a sistema tutte le risorse – pubbliche e private – e per premiare quelle meglio in grado di offrire una risposta alle esigenze dei pazienti.

Al contrario, misure magari bene intenzionate, ma disegnate in modo imperfetto, rischiano di essere controproducenti. È il caso di alcune delibere della Regione Lombardia, che penalizzano le strutture – pubbliche e private – non in grado di erogare le prestazioni nei tempi previsti. Il problema è che bisogna anzitutto capire le cause dei ritardi: nei prossimi giorni pubblicheremo una dettagliata analisi dell’Istituto Bruno Leoni sul tema, dalla quale emerge che le strutture con liste di attesa più lunghe sono quelle caratterizzate da maggiore efficacia delle prestazioni, e dunque più domandate dai pazienti.

Una delle caratteristiche che rendono unico il sistema lombardo è il principio della libertà di scelta del paziente. Ma le singole strutture hanno a disposizione un budget che non possono sforare. Il meccanismo è ben congegnato e non a caso ha consentito alla Regione di raggiungere ottimi risultati qualitativi. Penalizzare le strutture che hanno risultati migliori non è nell’interesse né dei pazienti né del sistema nel suo complesso. La stessa Regione, infatti, sembra aver parzialmente preso atto di questo rischio, correggendo la rotta con le delibere più recenti.

È importante che gli incentivi e i disincentivi siano introdotti nel sistema in modo da indurre tutti gli operatori ad alzare l’asticella – e capire che, in questo caso, il problema va cercato in primis nelle risorse disponibili.