Khaled El Qaisi, ricercatore di origini palestinesi, è da un mese in prigione ma non si sa perché. Amnesty: "Violato il diritto internazionale, ma l'Italia cauta perché è un Paese amico e perché c'è pregiudizio contro di lui"
Khaled El Qaisi è un cittadino italiano e il nostro Paese dovrebbe ricordarselo e fare di più per ottenere la sua liberazione. A pochi giorni dall'udienza nella quale, si spera, dopo un mese di detenzione in Israele, si possano finalmente scoprire almeno quali sono le accuse nei confronti del ricercatore italo-palestinese, Amnesty International torna a lanciare un appello alla solidarietà nei suoi confronti.
"Costringere la sua famiglia, il suo avvocato a farsi mille scenari su cosa potrebbe essere successo è semplicemente crudele. Lo hanno arrestato militari israeliani in un territorio occupato, lo hanno portato in Israele, lo stanno tenendo nel regime di detenzione arbitraria e in 4 udienze non hanno spiegato di cosa è accusato, hanno limitato i suoi contatti esterni e hanno condotto interrogatori senza avvocato, tutto questo è semplicemente inaccettabile e contrario al diritto internazionale", dice a Today.it il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury.
Studente di lingue alla Sapienza di Roma, cofondatore del Centro di Documentazione Palestinese dell'Ateneo, nato in Palestina e cittadino italiano, Khaled El Qaisi è stato arrestato da Israele lo scorso 31 agosto al valico di frontiera di Allenby che collega la Cisgiordania alla Giordania. Ad agosto insieme alla moglie Francesca Antinucci e al figlio di quattro anni, con cui risiede nel quartiere Centocelle della Capitale, l'uomo si era recato nei territori palestinesi per fare visita alla sua famiglia. Dal momento dell'arresto si sono tenute quattro udienze nelle quali non è stato formulato nessun capo di accusa. L'ultima, il 21 settembre, ha prorogato la custodia cautelare fino al primo ottobre, giorno nel quale si deciderà se far iniziare il vero e proprio processo penale e, in quel caso, dovrebbero essere formulate delle accuse.
Il legale dell'uomo, Flavio Rossi Albertini, ha avvertito comunque che se questa detenzione provvisoria dovesse tramutarsi in un vero e proprio processo, la decisione "sarebbe fondata su interrogatori viziati a monte dal fatto di non essere stati resi in presenza di un difensore". Secondo il legale, "le autorità israeliane non hanno elementi per processarlo" e per questo "tentano di rinvenirli attraverso questi interrogatori: nell'ordinamento italiano sarebbero affetti da nullità assoluta" vista l'assenza del legale. In ogni caso non è certo nemmeno che nel termine ultimo vengano formulate le accuse.
"Questo dovrebbe accadere ai sensi del diritto internazionale, ma il sistema penale israeliano punisce i palestinesi, direi che è quasi stato inventato ad hoc per farlo, e quindi potrebbe succedere che da un processo civile si passi a quello militare, in quel caso si passerebbe alla famigerata detenzione amministrativa, il che significherebbe non rendere pubbliche eventuali prove della sua pericolosità nei confronti sicurezza naturale e tenerlo ancora in detenzione", denuncia Noury.
La detenzione amministrativa consentirebbe a Tel Aviv di mantenerlo in questo status per periodi rinnovabili di sei mesi senza incriminarlo formalmente. Secondo Israele, questa controversa misura di sicurezza è concepita per consentire alle autorità di trattenere i sospetti mentre continuano a raccogliere prove, con l'obiettivo di prevenire attacchi o violazioni della sicurezza, ma per le organizzazioni per i diritti umani è solo un modo per consentire arresti arbitrari e senza prove. La detenzione amministrativa è di fatto utilizzata principalmente contro i palestinesi, secondo il gruppo israeliano per i diritti HaMoked, Israele ha attualmente 1.264 detenuti amministrativi, tra cui centinaia di minorenni.
Il deputato di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli, interrogato sull'arresto del ricercatore, ha sostenuto che "Israele ha il diritto di difendersi dal terrorismo". "C'è purtroppo una reazione standard da parte di istituzioni italiane quando accade qualche violazione dei diritti umani in Paese amico, che è basata su cautela, prudenza. A questo si aggiunge un riflesso condizionato legato a fatto che siccome Khaled è palestinese, c'è di base il sospetto che qualcosa abbia fatto. Il pregiudizio quindi induce a una doppia cautela in questo caso", afferma il portavoce di Amnesty, secondo cui invece se "per Israele lui è solo palestinese, noi dovremmo considerarlo semplicemente italiano, e a maggior ragione quindi difenderlo".
"Stiamo seguendo il caso con grande attenzione, ci sono state le visite consolari e confidiamo che si risolva nel modo migliore", ha assicurato ieri il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, sostenendo che il ricercatore "è seguito e assistito dalla nostra rappresentanza in Israele". Ma finora dal governo non sono arrivate chiare richieste di scarcerazione né di rendere almeno pubblici i motivi dell'arresto, per questo le opposizioni hanno chiesto all'esecutivo guidato da Giorgia Meloni di fare di più. Domenica 30 settembre il Comitato #FreeKhaled ha organizzato una mobilitazione nazionale per informare l’opinione pubblica e chiedere ai media di avere maggiore attenzione sul destino di El Qaisi.
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