«Nel dna della Calabria c'è grande mobilità, al di là delle condizioni avverse che hanno spinto i calabresi a spostarsi. Da sempre sono arrivate e partite persone, dalla Magna Grecia a oggi. C'è sempre stata l'ospitalità, la filoxenia, la solidarietà verso gli stranieri. È un tratto identitario». Elisabetta Longo è la direttrice del MABOS, Museo d’Arte del Bosco della Sila, che inaugura una mostra permanente, composta da 25 fotografie scattate nella Calabria degli anni ’80 da Mario Giacomelli.
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Spiega il fondatore del Museo nel Bosco della Sila, Mario Talarico. «Qualche anno fa, casualmente, mi sono ritrovato tra le mani alcune fotografie in bianco e nero che, al primo sguardo, sembravano poco riuscite. In realtà erano immagini volutamente imperfette, contraddistinte da un’essenza eterea, astratta. Provocavano un impatto così forte che decisi di soffermare la mia attenzione».

Gli scatti di Mario Giacomelli, fotografo riconosciuto a livello mondiale per il suo originale linguaggio, sono quel del progetto Il canto nei nuovi emigranti ispirato dai versi del poeta calabrese Franco Costabile. Queste immagini ritraggono una Calabria desertificata nei suoi paesi interni, documentando la trasformazione di un mondo contadino in qualcosa di non perfettamente compreso-, compongono l’esposizione permanente Camera Oscura.
Il Mabos è alle porte della Sila Catanzarese a due passi da quei paesi svuotati dalle migrazioni e a poco più di un'ora da quelle cose che vedono sbarchi di migranti e tragedie come quella di Cutro. Nasce nel 2017 come progetto di arte ambientale, è all'aperto e popola di opere circa 30.000 mq di bosco. Gli artisti producono e lasciano qui l'opera. Un'audio scheda racconta un percorso museale, una passeggiata all'interno di un bosco che è anche percorso segnato Cai.