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Migranti, accordo al Consiglio Ue per la riforma delle regole. Sì dell’Italia

«Volevamo che non passassero formulazione dei testi che depotenziassero la possibilità di fare accordi con Paesi terzi, sempre nell’attuazione della proiezione sulla dimensione esterna» ha detto Piantedosi. «È un compromesso che non lede il quadro giuridico internazionale», ha precisato confermando che si istituisce il principio che sarà lo Stato membro a decidere con quali Paesi stabilire accordi.

«Una giornata storica! I ministri degli Affari interni si sono riuniti oggi e hanno adottato una solida base per i negoziati con il Parlamento europeo su due delle nostre principali proposte sul patto di migrazione. Oggi abbiamo dimostrato che non ci arrenderemo. Dopo anni di fallimenti, abbiamo dimostrato che, in materia di migrazione, l’Europa può dare risultati». Così su Twitter il vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas.

La commissaria agli Affari interni della Ue, Ylva Johansson, si è affidata a una metafora atletica: «In questa maratona, ci rimangono forse 100 metri». C’è chi teme che le lunghezze, o gli ostacoli, siano altri. I ministri degli Interni dei 27 si riuniscono oggi in Lussemburgo per un Consiglio Affari interni e Giustizia su uno dei tabù delle politiche comunitarie: la riforma delle regole migratorie nella Ue, in questo caso ricompresa nel Patto migrazioni e asilo che la Commissione vorrebbe chiudere entro il 2024.

Johannson si è già espressa con ottimismo, dopo che gli ultimi tre round negoziali dei rappresentanti permanenti nella Ue hanno lasciato trasparire qualche speranza di intesa entro il d-day dell’8 giugno.

Il peso eccessivo sui Paesi della costa

Il via libera del Consiglio era vincolato al sostegno di circa due terzi degli stati membri, con il vincolo ulteriore di rappresentare almeno il 65% della popolazione. Tradotto nella pratica, significa che Paesi come Francia, Germania e soprattutto l’Italia dovevano esprimersi a favore di una riforma rimasta in sospeso dalla crisi migratoria del 2015 e rimpallata da un tentativo all’altro nel (quasi) decennio prima del voto nel 2024.

L’oggetto del contendere è l’eccesso di responsabilità sulle spalle di stati costieri come Grecia, Italia, Malta e Spagna, oggi incaricati di una trafila che va dai primi interrogatori all’analisi delle domande di asilo. L’ipotesi valutata più a lungo è quella di un sistema di quote per ridistribuire i flussi sui vari Paesi Ue, osteggiata dai Paesi più ostili a qualsiasi meccanismo di collaborazione come Polonia e Ungheria.