Italy
This article was added by the user . TheWorldNews is not responsible for the content of the platform.

Migranti, la Guardia Costiera mette in salvo quasi 800 persone a 100 miglia dalle coste. A Cutro trovata l'89ma vittima

L’ultimo dei salvataggi, che ha permesso di mettere al sicuro circa 450 persone in difficoltà, è avvenuto a quasi cento miglia dalle coste di Siracusa. Poche ore prima, per effettuare un’altra operazione di soccorso al largo delle coste calabresi, le motovedette della Guardia Costiera hanno superato le novanta miglia nautiche dalla Costa.

Mentre continua l’inchiesta sulle falle nella catena di comando e sulle inerzie che circa un mese fa hanno condannato a morte i naufraghi di Cutro e il mare restituisce il corpo dell’ottantanovesima vittima, la Guardia costiera torna a spingersi in mare aperto per salvare vite.

Interventi complessi  su imbarcazioni enormi e stracariche. La prima è stata individuata al largo di Roccella Jonica. A bordo c’erano 295 persone, partite dalla Turchia, ma rimaste in balia del mare quando i motori sono andati in avaria. Una dopo l’altra, tre motovedette hanno affiancato il barcone, e trasbordato uno alla volta i naufraghi. Negli interventi di soccorso è una delle fasi più delicate, perché basta poco a far scatenare il panico a bordo e mettere a rischio la tenuta stessa delle tinozze su cui troppi sono costretti a viaggiare.

Dopo lo stop probabilmente dovuto al terremoto, le partenze da est stanno ricominciando e le imbarcazioni – mostrano le immagini diffuse dalla stessa Guardia Costiera – sembrano se possibile in peggiori condizioni rispetto a quelle intercettate in passato e ancor più cariche. A bordo di quella intercettata a 90 miglia a est di Siracusa da Nave Corsi e da una motovedetta, di persone ce n’erano più di quattrocentocinquanta. Anche questa un’operazione resa estremamente complicata dalle pessime condizioni dell’imbarcazione e dal mare per nulla clemente.

Ma il meteo sta per cambiare. C’è una finestra di bonaccia all’orizzonte e questo – si sa – vuol dire partenze. Sulla sponda Sud si è già aperta, a Lampedusa è stata accompagnata una barca con a bordo 42 persone e la Guardia costiera tunisina – qualche settimana fa finita al centro delle polemiche per aver abbandonato alla deriva cinque barchini carichi di gente dopo aver sottratto loro i motori – fa sapere di aver fermato trenta imbarcazioni. Come, non è dato sapere. Da Tunisi però ormai sempre più spesso arrivano report allarmanti da parte di organizzazioni della società civile che denunciano intercettazioni sempre più violente e rischiose per chi viaggia su canotti e tinozze in ferro.

Dalla Tunisia del presidente Kias Saied, che ha dichiarato i migranti africani persone non grate nel paese privandole di ogni diritto, si tenta di partire comunque e con ogni mezzo, anche sfidando il maltempo. Sulle coste si Sfax, Mahdia e Chabbe, il mare restituisce i cadaveri.

Gli ultimi sono quelli di sette persone, tra cui quattro bambini e un neonato, che ieri a bordo di un barchino stavano tentando di raggiungere Lampedusa. “È affondato perché era sovraccarico” ha fatto sapere Romdhane Ben Amor di Ftdes, il Forum tunisino per i diritti economici e sociali. Solo cinque persone si sono salvate. Più di venti, sono ancora dispersi. Ma è solo un tecnicismo, perché dopo più di un giorno nessuno ormai si aspetta di trovare sopravvissuti a quell’ennesimo naufragio.  Secondo l’Oim, l’organizzazione internazionale delle migrazioni, dall’inizio dell’anno all’11 marzo, 170 persone sono morte e altre 130 risultano disperse lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Statisticamente, più di quattro morti al giorno. E non c’è tecnicismo che possa nascondere numeri da strage.