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Nel vuoto l'allarme di Meloni. "Rischiamo 900 mila arrivi"

Cinque interventi, trentasette minuti di dibattito in tutto: tanto dura la discussione sui migranti al tavolo di Bruxelles. Nonostante l'investimento politico dell'Italia sul dossier e le pressioni diplomatiche sulla Commissione. Certo, alla fine della prima giornata del Consiglio, Ursula von der Leyen indica l'immigrazione tra le quattro priorità da affrontare entro la fine della legislatura, quindi prima della primavera del 2024. Ma per capire l'aria che tira a Bruxelles, basterebbe seguire i ragionamenti con cui il premier olandese Mark Rutte gela l'Italia, durante la cena dei Ventisette.

"Per avere un maggiore controllo sul grande afflusso di migranti in Europa - scandisce - i Paesi Bassi ritengono essenziale attuare rapidamente gli accordi presi a febbraio, ad esempio per quanto riguarda il regolamento di Dublino e il rafforzamento delle nostre frontiere esterne". Significa che chi arriva in Europa, resta (o deve tornare) nel Paese di approdo. Il contrario di quella soluzione strutturale - e possibilmente solidale - che invoca Roma.

È un'Europa spaccata sui migranti, dunque. E che procede a rilento. Non a caso, l'Italia e alcuni altri Paesi chiedono e ottengono di inserire nelle conclusioni - dopo aver ascoltato l'informativa di Ursula von der Layen - un passaggio che vorrebbe suonare come una scossa: il Consiglio chiede alla Commissione una "rapida implementazione" delle misure promesse. In modo, si spera, da rafforzare la dimensione dei confini esterni del Continente - e in particolare di quelli marittimi - ma anche i corridoi umanitari e altre misure per incentivare i flussi dai Paesi che si spendono in modo virtuoso per una migrazione regolare.

Dopo Rutte, interviene Meloni. Chiedendo "azioni rapide e concrete" per bloccare le rotte dei trafficanti. Poi parlano il premier greco e quello austriaco. Ma non è soltanto il solco che divide i Paesi mediterranei dal resto del continente a complicare il dossier. Anche la Commissione e il Consiglio sembrano distanti. Che qualcosa non funziona lo si capisce anche dall'analisi molto critica con cui i Servizi del Consiglio europeo - raccogliendo le osservazioni di alcuni dei Paesi membri - mettono in risalto gli scarsi progressi complessivi, le limitate risorse individuate dalla Commissione europea per riformare le regole sui migranti e la poca incisività degli interventi per far fronte alle criticità in Tunisia. Un nuovo capitolo della costante competizione tra Charles Michel e Ursula von der Leyen, ma anche la fotografia della difficoltà di queste settimane.
L'Italia non sorride neanche quando si discute del nodo della competitività delle aziende europee e del patto di stabilità, che va riformato entro la fine dell'anno. Giorgia Meloni chiede che dal computo del deficit vengano scorporate le spese su investimenti "verdi", difesa e digitale, incontrando nel corso del Consiglio la resistenza tedesca e dei Paesi del Nord Europa. Se ne potrebbe riparlare a maggio, in un possibile consiglio straordinario ancora da convocare. In sintonia con Roma sembra invece la Francia, che su diversi altri punti (nucleare in particolare) segnala distanze significative da Berlino.

È anche il giorno in cui l'Europa riafferma il sostegno all'Ucraina. Prima di tutto militare, con la fornitura di munizioni terra-terra, artiglieria e, se necessario, di missili. Una "consegna urgente" che si esaurirà entro dodici mesi e che prevede un milione di pezzi per un valore complessivo di due miliardi di euro. Al vertice prende la parola anche Zelensky, in video-collegamento da un convoglio ferroviario: ogni ritardo nello sforzo congiunto di battere la Russia - è il senso dei ragionamenti del presidente ucraino - fa aumentare i rischi di un prolungamento della guerra. Tra i punti critici elencati, il ritardo nella consegna di missili a lungo raggio e i jet da combattimento.

Dal Consiglio esce fuori anche la promessa di un pieno sostegno al lavoro della Corte penale internazionale per stabilire la responsabilità per i crimini di guerra perpetrati dai russi. E questo vale anche e soprattutto per le deportazioni illegale di minori ucraini.