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Piante biotech: potranno essere coltivate in campo, ma solo a scopi sperimentali

Dalla provetta ai campi. Le piante con il Dna modificato potranno affondare le radici nella terra anche in Italia, secondo una norma appena approvata dal Parlamento. Non si tratta più di piante Ogm, perché dagli anni ’70 i progressi sono stati enormi. Oggi la tecnica Crispr permette di effettuare interventi di ingegneria genetica molto più precisi e puliti, tanto che la norma usa la definizione di Tea o “Tecniche di evoluzione assistita”.

La norma appena approvata

La legge di oggi non prevede nemmeno un via libera su larga scala, perché le piante con il Dna modificato potranno crescere solo nell’ambito di sperimentazioni scientifiche, con l’autorizzazione dei ministeri dell’Agricoltura e dell’Ambiente e all’interno di appezzamenti ben delimitati.

“Si tratta comunque di un passo avanti importante. Per la prima volta nel nostro paese ci si esprime in modo favorevole all’innovazione genetica” commenta Luigi Cattivelli, direttore del centro di genomica e bioinformatica del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura, ente scientifico affiliato al Ministero dell’agricoltura.

La norma è un emendamento al decreto siccità proposto da Fratelli d’Italia e approvato oggi dalle commissioni Agricoltura e Ambiente del Senato. “L’Italia oggi è all’avanguardia in Europa” ha esultato il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.

Le nuove tecniche

Crispr è una tecnica messa a punto nel 2012 che 8 anni più tardi è valsa il Nobel per la chimica alle due inventrici, Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna. Da allora in agricoltura è stata usata per ottenere piante resistenti a molte malattie (con successi limpidi), alla siccità (con parecchi problemi ancora da superare) o arricchite di sostanze benefiche (un mese fa la Cina ha approvato una soia con quantità maggiori di acido oleico).

Finora in Italia (e nella maggior parte dei paesi europei) le ricerche erano confinate alle provette o alle serre interne ai centri di ricerca. “Le attività svolte nei nostri laboratori hanno dimostrato risultati straordinari che ora possiamo mettere alla prova in campo” dice soddisfatto Carlo Gaudio, presidente del Crea. “Siamo a un passaggio storico.

Le Tea avevano reso obsoleta la legislazione attuale sugli Ogm” aggiunge Mario Pezzotti, direttore del centro di ricerca e innovazione della Fondazione Mach di Trento e professore di genetica agraria all’università di Verona.

Le differenze con gli Ogm

Parte del mondo ambientalista, soprattutto a livello europeo, è contrario alle Tea. La veemenza legata agli Ogm sembra però relegata al passato. E’ vero che anche Crispr è accompagnata da brevetti e che la sua precisione è alta ma non assoluta. Rispetto alle tecniche di ingegneria genetica del passato, però, il passo avanti è evidente.

“Prendiamo come esempio il gene Mlo” racconta Cattivelli. “Negli anni ’60 si scoprì che la sua distruzione rendeva le piante resistenti alla malattia dell’oidio. L’osservazione avvenne per caso, su orzo sottoposto a mutazione genetica tramite agenti chimici. Oggi, alla luce delle conoscenze che abbiamo accumulato sul Dna delle piante, possiamo inattivare Mlo in altre piante usando il Crispr e rendendole resistenti all’oidio. Non tocchiamo altri geni. Ed eliminiamo la necessità di usare fitofarmaci per quella malattia”.

Meno pesticidi

In Italia le Tea sono state applicate (sempre in laboratorio) a frumento, riso, vite, olivo, pomodoro, basilico, melanzana, fragole, pesche, albicocche, ciliegie e agrumi. “Modificando solo uno o pochi geni manteniamo intatta la varietà della coltura. E’ un aspetto importante soprattutto per la vite, ma anche per altre varietà di piante legate al territorio” spiega Pezzotti.

Oltre all’oidio, le malattie che è possibile contrastare sono peronospora e ticchiolatura. Più complicato invece è ottenere varietà resistenti alla siccità. “Lì non esiste un unico gene su cui intervenire” spiega Cattivelli. “Il problema è allo studio da quarant’anni e solo un paio di anni fa, usando  usando le tecniche Ogm, si è ottenuto un frumento resistente alla siccità, usato in Argentina”.

Le differenze tra Ogm e Tea non si limitano alla precisione. “Negli Ogm tradizionali inserivamo spesso geni appartenenti ad altre specie, o a batteri” spiega Cattivelli. “Il punto di inserzione dei nuovi geni era in genere casuale. Prima di introdurre la nuova pianta nell’alimentazione dovevamo studiare che non contenesse nulla di tossico. Con Crispr invece interveniamo su un gene ben preciso e a noi ben noto. Spostiamo  geni tra piante della stessa specie, rispettando le barriere naturali. Per verificare che l’intervento sia andato a buon fine eseguiamo l’analisi del Dna”.

Le norme europee

Il passo successivo, quello dell’uso senza restrizioni delle piante Tea, non dipenderà solo dall’Italia. Spetta infatti all’Europa ridiscutere la direttiva 2001/18 che regola gli Ogm e che include Crispr nella categoria degli organismi geneticamente modificati.

“La trattativa è complessa ed è merce di scambio con un’altra norma in discussione in Europa che prevede la drastica riduzione dei pesticidi” spiega Pezzotti. “Non è detto che il braccio di ferro fra i vari paesi, allargato ai due tavoli, consenta una decisione in tempi rapidi”. Altri paesi, Stati Uniti in primis, hanno già equiparato i Tea alle piante normali. Ma con le elezioni alle porte, è possibile che la scelta in Europa slitti parecchio in là.