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Più letti del privato in ospedale

Qual è il fabbisogno di prestazioni da chiedere alle cliniche accreditate? La domanda rivolta ai vertici di Asl e Aso dall'ormai ex direttore regionale Minola. Probabile modifica della delibera 1-600 che nel 2014 produsse pesanti tagli. Alle viste uno scontro politico

Bastano i posti letto forniti dalle cliniche private al sistema sanitario piemontese, oppure devono essere aumentati e se sì dove e per quali specialità? È questa, in estrema sintesi la domanda che la Regione Piemonte rivolge, con una lettera inviata dall’ormai ex direttore generale della Sanità Mario Minola poco prima di lasciare il suo incarico, ai vertici delle aziende sanitarie e ospedaliere.

“Provvisoria revisione delle rete ospedaliera accreditata”, questo l’oggetto della richiesta che attende risposta entro lunedì prossimo, ma che al di là del linguaggio burocratico e dei rimandi al decreto ministeriale del 19 dicembre 2022 con cui si sono introdotte integrazioni alle norme sul rapporto tra pubblico e privato, apre a uno scenario destinato a suscitare diverse e, spesso, opposte reazioni.

Il primo dato che emerge dalla inattesa istanza rivolta alle Asl e allo Aso è la probabile, se non certa, modifica della famigerata più che famosa delibera 1-600 con la quale il 19 novembre del 2014 il Piemonte cambiò radicalmente e (per i numerosi tagli imposti) drammaticamente volto al suo sistema ospedaliero. La motivazione, addotta dall’allora giunta di Sergio Chiamparino, l'eesere in piano di rientro, non impedì la sollevazione di decine di sindaci, soprattutto di centrosinistra, contro quell’atto ritenuto d’imperio per essere approdato in consiglio regionale ormai a cose fatte e che avrebbe imposto drastici tagli i cui effetti si producono ancora oggi. La conferma di una modifica dell’atto cardine dell’attuale rete ospedaliera, lo Spiffero la registra dallo stesso assessore Luigi Icardi che non esclude affatto l’eventualità “se sarà necessario”. 

E qui c’è il secondo dato che viene sollecitato dalla lettura della richiesta inviata ai direttori generali. Riguarda le modalità di un eventuale aggiustamento di quelle tabelle cu cui l’allora direttore regionale della Sanità Fulvio Moirano scolpì i numeri dei letti per ciascuna specialità nei vari ospedali del Piemonte e quelli che potevano e possono essere chiesti ai gruppi privati per sopperire a una carenza altrimenti insuperabile con conseguenze nefaste per il sistema. Come si disse allora e ancor valida oggi quando per fortuna non c’è il regime di commissariamento, quella delibera e le eventuali sue modifiche sono un atto di programmazione sanitaria che, come tale, è prerogativa del legislativo, dunque del consiglio regionale e non (solo) della giunta.

Va dunque prevista un’incombenza dell’assemblea di Palazzo Lascaris nel caso, assai probabile, che l’esito della richiesta faccia emergere nuove necessità da parte delle varie aziende sanitarie. E questo, con le elezioni alle viste, non potrà che essere un argomento ghiotto per le opposizioni, anche se, per quanto riguarda il Pd, sarà difficile oltrechè imbarazzante disconoscere la paternità di quella delibera e, soprattutto, il percorso anomalo che seguì, tantomeno le proteste che suscitò tra gli amministratori locali della stessa parte politica.

Più che prevedibile l’aumento della tensione politica nel caso in cui il sistema sanitario piemontese, sempre più alle corde per la scarsità di personale ma anche per un patrimonio di edilizia sanitaria in molti casi assai datato, richieda un ampliamento del ricorso al privato accreditato. Un quadro in cui va osservato come l'ala più dura della sinistra contro l'aumento del ricorso al privato pare saldarsi, involontariamente, con frange della destra su posizioni altrettanto intransigenti rispetto a una sinergia che in Piemonte è parecchio inferiore rispetto a molte altre regioni.    

Un terzo elemento che emerge dalle due pagine inviate dall’ex direttore regionale riguarda il ruolo dei direttori generali. Chiedere a loro i fabbisogni che debbono essere soddisfatti dal privato accreditato rischia di aprire a richieste eccessive, così come a valutazioni limitate a un ambito (quello di un ospedale o di un’Asl) rispetto a dinamiche che riguardano aree più vaste se è vero com’è vero che uno dei parametri più importanti è rappresentato dalla mobilità passiva, ovvero del ricorso da parte dei cittadini a cure oltre i confini regionali.

Un punto questo su cui il protagonista della questione sollevata dalla direzione della Sanità, ovvero il privato, ha un’opinione decisamente chiara come osserva Giancarlo Perla, presidente regionale di Aiop, l’associazione della sanità privata: “Dopo quasi dieci anni dalla delibera 1-600 credo sia opportuna una sua revisione, verificando se i fabbisogni stabiliti allora siano ancora attuali o vadano rivisti. Ciò che lascia perplessi è il rivolgersi ai vertici delle aziende sanitarie, come fatto dalla Regione, anziché proseguire con l’attività della commissione coordinata da Giuseppe Monchiero che aveva ricevuto il mandato di rivisitare la rete ospedaliera. Commissione che ha lavorato bene, verificando la produttività degli ospedali pubblici e privati e la mobilità passiva, elementi oggettivi e non discrezionali”. Sfugge il motivo, ma è un fatto che quell’organismo voluto da Icardi, scomparve nelle nebbie. Nata in piena emergenza Covid, della commissione si sono perse le tracce ormai da tempo e oggi ci si rivolge ai vertici di Asl e Aso “che hanno ben chiara la situazione delle loro aziende – spiega Perla – ma il fenomeno della mobilità passiva e i fabbisogni che essa indica richiede un osservatorio più elevato in grado di valutare con più precisione le necessità”.