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PNRR trasparente e senza scorciatoie invoca l’Anac, ma la PA “Non è migliorata” avverte l’ex ministro Nicolais

L’Europa non molla sulla rimodulazione del PNRR. Il Commissario all’Economia Paolo Gentiloni ha sollecitato ancora una volta il governo italiano a fare in fretta. Sebbene l’Italia non sia del tutto indietro rispetto agli altri Paesi, la Commissione vuole vederci chiaro su quali progetti sarebbero da tagliare e cosa ne sarà dell’impianto complessivo del Piano. “È vero che diversi Paesi non hanno ancora avanzato la proposta di rimodulazione generale. “Penso che con l’arrivo di quella della Spagna siano 10 i Paesi ad avere ricevuto il via libera” ha detto Gentiloni a SkyTg24. Ma l’ex Presidente del Consiglio ha lanciato un chiaro messaggio a Giorgia Meloni: “Dobbiamo lavorare presto e bene e dobbiamo ricevere una proposta di rimodulazione generale del PNRR italiano il prima possibile”. Le rate si susseguono, bisogna fare in modo che si arrivi ad una sintesi. La Commissione è pronta a collaborare, ma rispetto ai soldi stanziati la peggiore conclusione sarebbe il fallimento in settori indispensabili per il futuro del Paese.

La Relazione del Presidente dell’ Anac in Parlamento.

Ieri è stata anche la giornata della presentazione al Parlamento della Relazione annuale dell’Anac. Come ci si aspettava il Pnrr ha trovato ampio spazio nella Relazione del Presidente Giuseppe Busia. “Decisiva sarà la rinegoziazione di alcune misure”, ha detto, ma il Piano deve essere terreno condiviso,sottratto alla dialettica politica di corto respiro. La precondizione di tutto è la massima trasparenza e controllabilità dei progetti e dello stato degli investimenti ”.Quanto alle deroghe sugli appalti, Busia è stato chiarissimo: ” Sorprende che per velocizzare le procedure si ricorra a scorciatoie certamente meno efficienti e foriere di rischi. Tra queste l’innalzamento delle soglie per gli affidamenti diretti, specie per servizi e forniture, o l’eliminazione di avvisi e bandi per i lavori fino a cinque milioni di euro”. Per il PNRR ( e non solo) l’Italia ha ancora troppe stazioni appaltanti. ” Non possiamo più sostenere un’architettura istituzionale in cui tutte le 26.500 stazioni appaltanti registrate possano svolgere qualunque tipo di acquisto, a prescindere dalle loro capacità. Occorre una drastica riduzione del loro numero”. E ancora, fare in fretta ma rispettando le regole, dice l’Anac. ” Il nuovo Codice degli appalti ha eliminato il divieto del “subappalto a cascata”. Non possiamo dimenticare che tale istituto, per poter conservare una ragione economica, quasi sempre porta con sé, in ogni passaggio da un contraente a quello successivo, una progressiva riduzione del prezzo della prestazione. E questa necessariamente si scarica o sulla minore qualità delle opere o sulle deteriori condizioni di lavoro del personale impiegato. Argomenti forti nel momento in cui controlli e vigilanza vengono messi in discussione.

IL PNRR ridisegnerà l’Italia ?

L’Italia finora ha speso solo il 6% dei fondi del Piano di ripresa e resilienza . Numeri che se non ricadono tutti completamente sulle spalle del governo di centrodestra, non lo assolvono da responsabilità nell’organizzare processi trasversali economici e politici. Sui negoziati con Bruxelles pesano il passo lento della Pubblica Amministrazione, le mancate riforme, gli oltre 500 decreti attuativi non approvati. Si vogliono rivedere il piano per gli asili nido, le opere per il rischio alluvioni, l’alta velocità, infrastrutture accessorie. Mentre si mettono le mani sui capisaldi di una transizione tecnologica, ambientale, multiforme, di cui godranno le future generazioni, non si capisce quale Paese si intende lasciare a chi verrà dopo. Se la Commissione Ue dovesse bocciare le proposte del centrodestra sarebbe una disfatta senza appello. Più per gli italiani che non per una coalizione politica ora al suo apice. E può darsi che qualche j’accuse sia già custodito in mani “amiche” per i disastri che si avrebbero sull’economia e sui cittadini.

Osservatore attento di ciò che succede in queste settimane è senz’altro il Professor Luigi Nicolais, Presidente della Società di ricerca e sperimentazioni Materias, già Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione e Presidente del CNR. Autore di centinaia di pubblicazioni, Nicolais è sensibile alle ricadute dei piani strategici ai vari livelli istituzionali.

Professor Nicolais, davvero con il PNRR si riuscirà a cambiare l’Italia?

“Secondo le idee di chi lo ha scritto sì. Nella concreta attuazione credo di no. I tempi sono troppo stretti e non ci permetteranno di concluderlo”.

Rischiamo un autogol?

“Purtroppo si. I lavori pubblici in Italia durano un’eternità. Il nostro Paese è molto burocratico. Si fanno le gare d’appalto, poi arrivano i ricorsi, bisogna aspettarne la conclusione, si comincia a lavorare ma nel frattempo può arrivare qualche cambiamento di progetto e così via. Ripeto: tempi troppo lunghi”.

L’ha detto: l’Italia è un Paese oppresso dalla burocrazia. In questi anni ha notato cambiamenti nella PA?

“Ho notato che spesso si fanno politiche vicino a quelle che furono fatte venti anni fa e non è una buona cosa”.

Può spiegare meglio?

“L’Italia ha una scarsa capacità a programmare le cose in tempi lunghi. Ancora si lavora per periodi della legislatura mentre bisogna correre. Cosa voglio dire ?Ecco,mettiamo che io mi candidi oggi al Parlamento. Cerco di pianificare lavori che possono tornare utili per la prossima scadenza elettorale. Un vantaggio in termini di consenso, ma senza immaginare il futuro.Non non può funzionare “.

Ma la destra è in difficoltà su grandi questioni come l’ambiente, le tecnologie, la resilienza ai cambiamenti. Secondo Lei possiede una cultura dell’innovazione o no ?

“La destra storicamente non ha mai avuto ruoli di governo, quindi, non ha personale formato nel ruolo di gestione della cosa pubblica. Oggi al governo del Paese paga questa carenza non trovando nemmeno delle cosiddette “seconde linee” in grado di operare in settori avanzati. Sono sfide che, invece, vanno affrontate”.

Il PNRR è un po’ la summa di queste sfide. In concreto cosa manca a questa classe di governo ?

“L’esperienza. In certi settori ci vuole esperienza, non solo tecnica che non basta. In politica si prendono decisioni. La politica deve avere una visione di come sarà il Paese fra venti anni, almeno. Certo, di tutto ciò che progetta ne potrà realizzare una parte, ma sicuramente deve avere una visione ”.

E quella del primo governo di centrodestra, nel bene o nel male, ha a disposizione 200 miliardi di euro per realizzarla. Se ne sarà capace.