La termoablazione avviene attraverso il posizionamento intraprostatico ed ecoguidato di sottili aghi per via transperineale, grazie ai quali è possibile introdurre sonde laser a bassa potenza (solo tre watt) che hanno lo scopo eliminare, sfruttando il calore, il tessuto prostatico responsabile dell’ostruzione della via urinaria bassa.
«La ASL Bari – commenta il Direttore generale Antonio Sanguedolce – con questo nuovo laser mette a disposizione dei suoi specialisti le più avanzate apparecchiature reperibili sul mercato, con indubbi benefici per i pazienti. La tecnologia innovativa e le competenze specifiche nell’impiego di tecniche mininvasive da parte dell’équipe, in campo urologico come in altri settori, sono una garanzia assoluta per i pazienti, ai quali non solo assicuriamo una corretta terapia, ma facciamo in modo che sia anche la migliore possibile».
«La procedura laser – spiega il dr. Ricapito - può essere effettuata in anestesia spinale o locale e ha una durata di circa un'ora con bassi rischi di sanguinamento, di incontinenza urinaria e di complicanze quali le stenosi uretrali. Questo la rende particolarmente indicata in quei pazienti che presentano alti rischi chirurgici e o di sanguinamento intra e postoperatorio e che, pertanto, non sarebbero idonei ad un trattamento chirurgico». «Altro dato fondamentale – sottolinea il direttore di Urologia - è I'alta percentuale di preservazione delle funzionalità dell’organo, che rende la metodica particolarmente fruibile in tutte le categorie di pazienti, anche nella popolazione giovane».
I campi di applicazione dell’ablazione con laser possono estendersi, inoltre, al trattamento focale delle neoplasie della prostata e del rene, consentendo di aggredire in modo mirato ed efficace le piccole masse tumorali e, nello stesso tempo, di preservare l'integrità dell'organo trattato. «Grazie all’impegno dell’azienda sanitaria - rimarca ancora il dr. Ricapito - oggi a disposizione dei sanitari e dei pazienti c'è un alleato in più, forte, promettente, in grado di affiancare e arricchire l'armamentario terapeutico già a disposizione, che coniuga la minore invasività alla dimostrata efficacia terapeutica, affermandosi come una tecnica poliedrica e adattabile ad ogni tipologia di paziente cui si garantisce in ogni caso un trattamento alternativo, a basso rischio sia in termini chirurgici che di effetti secondari, e altamente efficace».