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Thailandia: bruciano i campi, nord soffoca per inquinamento

Il nord della Thailandia è da giorni in piena emergenza inquinamento da polveri sottili, causate in gran parte dalla bruciatura stagionale dei campi di zucchero e riso, una pratica in teoria illegale ma largamente tollerata dalle autorità di Bangkok e dai grandi gruppi agro-alimentari.
    Per tre giorni consecutivi, Chiang Mai - il più grande centro del nord e importante meta turistica - è stata la città più inquinata al mondo per quanto riguarda la concentrazione di polveri PM2.5, secondo i rilevamenti dell'azienda svizzera IQAir. Nella località di Mae Sai, al confine con la Birmania, la concentrazione di particolato è stata a un certo punto 76 volte più grande di quanto raccomandato all'Organizzazione mondiale della sanità.
    L'emergenza inquinamento, che nelle scorse settimane ha coinvolto anche la capitale Bangkok seppure in misura minore, è accentuata in questo periodo da particolare condizioni climatiche che non contribuiscono a un ricambio dell'aria. E nel resto del Sud-est asiatico - specie in Birmania, Laos, e Cambogia - il fenomeno della bruciatura stagionale dei campi è ugualmente radicato, contribuendo alla cappa di fumo sull'area.
    Nonostante la gravità della situazione, con ospedali che segnalano un forte aumento di pazienti con problemi respiratori, il governo del generale Prayuth Chan-ocha si limita a palliativi come spruzzare acqua dall'alto, nel tentativo di lavar via le polveri dal suolo. Nell'opinione pubblica manca un movimento di protesta per risolvere il problema alla radice, ossia impedendo agli agricoltori di bruciare i campi per risparmiare sui costi.
    In vista delle elezioni del prossimo maggio, nessun partito ha messo proposte di soluzioni all'emergenza inquinamento nel suo programma.