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Uomini che uccidono le donne: al Paese serve un’opera di educazione profonda

Siamo così abituati alla ferocia della violenza sulle donne, alle bugie degli uomini che uccidono e scappano, a questo desiderio di annientare, far sparire quello che non riescono a controllare più, che chiunque in Italia - davanti alla scomparsa di Giulia Tramontano - ha pensato subito: è stato lui. Non c’è viso d’angelo che tenga, non c’è lavoro nei quartieri alti che possa proteggere da questo sospetto: il compagno è il primo indiziato. Lo è per via dei numeri, delle statistiche, della cronaca di ogni giorno: letteralmente di ogni giorno. La scoperta della doppia vita, dell’altra donna, delle tracce di sangue in auto e sulle scale, sono solo la conferma di quel che si sapeva: è stato lui.


Il dato sui femminicidi non cala da anni nonostante a livello legislativo tanto si sia provato a realizzare. Tanto, ma non abbastanza. Non cala perché non si è fatto - di pari passo col lavoro in Parlamento - un’opera di educazione profonda nel Paese, a partire dalle scuole. Non si parla di sentimenti e di come gestirli nelle nostre classi, è un tabù, sia mai arrivi il “gender”. Non si parla di sesso, meno che mai, anzi ci sono presidi che invocano l’epurazione dei baci gay dalle mostre fotografiche. Non si insegna alle ragazze quel che devono sapere fin dal primo giorno: al primo segno di violenza, prendi tutto e vai via. Ci sono massi che non possono che rotolare giù e questo sono, i semi di violenza negli uomini. Mi dispiace dirlo con tanta nettezza, mi dispiace non dare alibi o seconde chance, mi dispiace non aver mai creduto alla passione che fa fare cose folli e che vuoi che sia se volano uno schiaffo o una spinta.

Non so se il fidanzato di Giulia Tramontano avesse mai urlato, minacciato, picchiato, quindi qui non si tratta di dire: servono più centri antiviolenza, e servono. Più preparazione di forze dell’ordine e giudici nell’affrontare i casi di violenza domestica, e serve anche questo.
Si tratta però oggi, adesso, per le ragazze di questo Paese, di capire come salvarsi finché quel lavoro profondo affinché un uomo impari che non può avere tutto non sia completato. Si tratta di sapere che non c’è niente che valga la pena ricucire, se l’uomo da cui aspetti un figlio al settimo mese ha avuto una vita parallela, indotto l’amante ad abortire, delegittimato te con calunnie e bugie pur di continuare ad avere tutto. Giulia Tramontano ha affrontato il suo assassino dopo aver parlato con la sua amante perché - evidentemente - non ne aveva paura. Non pensava che avrebbe mai potuto prendere un coltello, uccidere lei e il suo bambino, tentare di dar fuoco al corpo, caricarlo in macchina, nasconderlo, mandare un messaggio dal suo telefonino a una sua amica per far credere abbia voluto allontanarsi. Scrivono molte donne su Twitter: nessuna si allontana da tutto al settimo mese di gravidanza. Al massimo vai a cercare riparo a casa, da un’amica, da tua madre.

Omicidio Giulia Tramontano, l'arrivo a casa di Alessandro Impagnatiello poco prima della confessione

Anche questa è una cosa che sappiamo perché sappiamo quanto ci si senta più fragili, quando hai dentro per la prima volta un bambino e tutto è cambiato e sta per cambiare. Nessuno ha creduto per un istante ad Alessandro Impagnatiello. Tranne Giulia, che pensava non potesse farle del male. Tranne Giulia, che a 29 anni ha fatto quel che dovrebbe essere naturale: fidarsi dell’uomo che amava. E invece, purtroppo, quel che dobbiamo insegnare è ad avere paura.