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Weber e Scholz devono fare i conti con la destra italiana per costruire l’Ue del futuro (auguri!)

Due tedeschi a Roma che hanno prospettive diverse ma la comune convenienza di tenere stretti i legami con i nuovi potenti d’Italia. Una convenienza istituzionale, e non solo, quella di Olaf Scholz, il quale considera il governo italiano «un amico affidabile» con il quale dice di lavorare «bene nell’Unione europea, nell’ambito della Nato e del G7».

Un approccio più politico quello del capogruppo e presidente del Partito popolare europeo Manfred Weber, il quale punta a costruire a Bruxelles un’alleanza di centrodestra con dentro i Conservatori di Giorgia Meloni, lasciando all’opposizione i Socialisti del Cancelliere tedesco e la destra di Matteo Salvini.

Il cortocircuito polemico nella coalizione italiana è stato provocato dal padrone di casa della due giorni romana dei Popolari. A lanciare il sasso è stato infatti Antonio Tajani con queste parole: «Non è possibile un’alleanza con il gruppo Identità e Democrazia. La Lega è molto diversa da Afd e deciderà cosa fare, se rimanere in quella famiglia o fare un’altra scelta. Con Lega siamo alleati in Italia, la nostra coalizione è solida».

Salvini dovrà decidere cosa vuole fare da grande: se lasciare al loro destino non solo Alternative für Deutschland, ma anche madame Marine Le Pen. Cosa che il leader del Carroccio non intende fare, almeno per quanto riguarda l’amica francese. Anzi reagisce duramente facendo intervenire con durezza il capogruppo gruppo di Identità e Democrazia Marco Zanni e il capo della delegazione della Lega a Strasburgo Marco Cremonesi: non sono interessati ai Popolari che «malgovernano con i socialisti da decenni»; vogliono cambiare «le regole che danneggiano» gli interessi dell’Italia.

È un assaggio della campagna elettorale per le Europee, ma Salvini finge di essere disinteressato alle manovre di Weber, Berlusconi e Meloni. Si intesterà la battaglia contro l’Europa che vuole imporre la transizione green, scaricando sugli italiani i costi che questa comporta per l’adeguamento delle case e la rottamazione delle automobili. Una battaglia popolare e populista per crescere nei consensi e presentarsi al tavolo della trattativa dei nuovi equilibri di potere europeo in una posizione di forza. Soprattutto per fermare l’onda lunga di Giorgia Meloni, che sarà costretta a fare una campagna elettorale più moderata per entrare in pompa magna, al fianco dei Popolari e dei liberali, a Palazzo Berlaymont.

C’è però un problema di numeri, perché a questo centrodestra riveduto e corretto, senza la destra di Identità e Democrazia mancheranno tanti seggi all’Europarlamento. Tranne un colpo di scena clamoroso nelle urne. Non potranno contare sui voti di Renew Europe, almeno se si crede alle dichiarazioni ufficiali, e inoltre – ed è la cosa più importante – i Popolari non sono tutti uniti e compatti dietro Weber, compresi i popolari tedeschi.

Il polacco Donald Tusk, ex presidente del Consiglio europeo, è uno dei più forti antagonisti dell’alleanza a Bruxelles con i Conservatori. In Polonia si voterà in autunno e Tusk ha detto di essere tornato alla politica nazionale perché «quando vedi il demone, lo combatti». I suoi acerrimi nemici sono il premier polacco Mateusz Morawiecki e il leader di Diritto e Giustizia Jarosław Kaczyński, entrambi amici di Meloni e messi alla sbarra dall’Europa e dallo stesso Ppe per violazione dello Stato di diritto. Come già successo a Victor Orbán.

Insomma, la compagnia non è tra le migliori e gli stessi Popolari tedeschi non sono tutti così predisposti a seguire Weber, il quale ieri a Roma ha raddrizzato la sbandata a destra. «Chiunque sarà nostro alleato in futuro – ha detto – deve essere convinto di partecipare a un progetto comune di rafforzamento dell’Europa. Solo l’unità europea può far fronte a sfide come immigrazione, la Cina e la guerra in Ucraina». Non è certo un discorso che inneggia all’Europa delle Nazioni dei sovranisti. Sembra anzi riecheggiare le parole dell’altro tedesco a Roma. Vedremo quanto di vero c’è nelle parole di Scholz per il quale «le sfide della migrazione e dei rifugiati si possono superare soltanto assieme nell’Unione europea. Scaricare i problemi sugli altri o puntare l’indice sugli altri sono tentativi destinati a fallire. Dobbiamo fare quanto è necessario».

Ecco, Weber e Scholz. Il primo che sogna di tenere fuori dal potere di Bruxelles i socialisti che governano la Germania. Il secondo che in un’intervista al Corriere della Sera risponde in maniera sibillina alla domanda sulla prospettiva di un’alleanza Popolari-Conservatori. «La prego di perdonarmi, ma non desidero esprimermi in questa sede», è stata la sua risposta. Ma Scholz lascia aperta un’altra prospettiva quando risponde all’ipotesi di una riconferma di Ursula von der Leyen: «Il governo federale lavora bene con la Commissione europea, così è stato in passato e così sarà anche in futuro».

C’è ancora lei, la presidente della Commissione europea in pista per succedere a se stessa. Roberta Metsola, che sembrava essere la sfidante di destra, non ha intenzione di essere la Spitzenkendidaten del Ppe. Guarda caso all’agenzia agenzia polacca Pap ha ricordato che c’è «un’ottima presidente della Commissione, che sta facendo un ottimo lavoro».

La stessa Ursula che ha un ottimo rapporto con Meloni (insieme sui luoghi romagnoli dell’alluvione, insieme domenica a Tunisi per portare una proposta per fermare le partenze dei migranti). La premier Meloni magari non avrà alcun problema a sostenere l’amica tedesca nella riconferma alla presidenza della Commissione europea. Non ce l’avrebbero neanche Scholz e i socialisti che già la sostengono. Gira la folle idea che, alla fine, nella maggioranza Ursula entrerà anche Giorgia Meloni, la quale ieri nella conferenza stampa con il Cancelliere Scholz sembrava aver dimenticato tutti gli anatemi scagliati in passato contro i tedeschi. Certo, se von der Leyen e Scholz l’aiutassero a risolvere le grane del Pnrr e dell’immigrazione, e anche a ottenere una flessibilità del nuovo Patto di stabilità, la pazza idea potrebbe diventare realtà. Il percorso è ancora lungo.