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Zerocalcare: «È indecente non dire quello che si pensa per paura di perdere consenso»

Zerocalcare dal vivo è esattamente come te lo immagineresti dal divano di casa: timido, minuto, con l'immancabile t-shirt nera e la parlata romanaccia e strascicata che è ormai diventata il suo marchio di fabbrica. Gentile e disponibile come pochi, Zerocalcare, nome d'arte di Michele Rech, è seduto di fronte a una telecamera e a tre luci da trecento watt l'una per parlare di Questo mondo non mi renderà cattivo, la sua nuova serie animata prodotta da Movimenti Production, società del gruppo Banijay, in collaborazione con BAO Publishing e sbarcata su Netflix a due anni di distanza da Strappare lungo i bordi che, oltre a trasformarlo in una celebrità tout court, è riuscito a portare il suo nome in Paesi del tutto nuovi come la Spagna e l'America Latina. In questi sei nuovi episodi Zerocalcare decide di fare un passetto in più mettendo le basi per una storia più ricca e più strutturata che restituisce allo spettatore il disagio e l'amarezza che spesso proviamo quando ci troviamo di fronte a un malessere che non riusciamo a sconfiggere fino in fondo. «Sono una persona crepuscolare. Se vuoi speranza e positività, non guardare le cose mie», ha avuto modo di rispondere a una giornalista che, nel corso della conferenza stampa di presentazione della serie, gli ha chiesto se avesse intenzione di promuovere il lieto fine nella sua storia.

Zerocalcare «È indecente non dire quello che si pensa per paura di perdere consenso»

Ora io e Zerocalcare siamo seduti uno di fronte all'altro a combattere contro il tempo: abbiamo, infatti, appena 4 minuti per mettere in piedi una conversazione che generi qualcosa di notiziabile. Dei mille spunti di riflessione che Questo mondo non mi renderà cattivo offre occorre fare una cernita concentrandosi solo su pochissimi aspetti. Michele è rilassato: affronta la batteria di interviste che lo aspetterà nella prossima ora - ben 18 - con placida rassegnazione, rispondendo a tutto e abbozzando di tanto in tanto qualche sorriso anche se forse vorrebbe semplicemente mollare tutto e andare «pijarsi» un gelato insieme a Secco. Sappiate però che, se fosse così, è bravissimo a nasconderlo.

Nel quarto episodio della serie Zero parla del suo narcisismo, spiegando di essersi concentrato troppo su sé stesso perdendo di vista le persone che gli stavano intorno: quanto c'è di vero in questa scena?
«Moltissimo. Nel corso degli ultimi dieci anni mi sono concentrato tantissimo sul mio lavoro e non sono stato tante volte un amico all'altezza di questa parola: mi sento in colpa per questo. Non sono stato in grado di rendere la soluzione per la mia vita una soluzione anche per le persone che mi stavano intorno. Ci sono persone che ho trascurato e ferito perché mi stavo facendo un mazzetto a lavorare, questo sì».

Si è perdonato?
«È una roba quotidiana. Ci sono persone con cui ho fatto pace cento volte e litigato altre cento, altre che non ho più sentito, e altre ancora che hanno capito con cui ho trovato un equilibrio. È qualcosa con cui mi sto ancora misurando».

Che rapporto ha con l'egocentrismo?
«Quando racconti le storie sei sempre il burattinaio di qualcosa: tutti i narratori hanno una dose di egocentrismo. Io credo di avere intorno delle persone molto severe che sanzionano gli eccessi in maniera molto dura: auspicherei per chiunque di avere delle persone che ti bullizzano quando eccedi».

nbspZerocalcare al photocall di Questo mondo non mi renderà cattivo

 Zerocalcare al photocall di Questo mondo non mi renderà cattivoMondadori Portfolio/Getty Images

Lei in questa serie prende posizione, ma in Italia molti artisti non lo fanno. Perché, secondo lei?
«Legittimamente ci sono un sacco di persone che possono non avere un'opinione su qualcosa. Io stesso, in questi casi, penso che sia meglio stare zitti anziché fare per forza la parte. Certo, se qualcuno ha qualcosa da dire e non la dice, è probabile che non lo faccia per paura - non credo che ti si chiudano davvero degli spazi - ma per il consenso che perderebbe. Sia a livello di like che di persone. In generale mi sembrerebbe indecente non dire delle cose che penso per paura di perdere un lettore».

Il consenso degli altri è mai stato un accollo?
«Lo è nella misura in cui produce delle aspettative. Dopo Strappare lungo i bordi, ho fatto questa serie perché mi andava di farla e di raccontarla. Detto questo, l'idea di essere ricoperto di persone che mi dicono che aveva apprezzato di più la prima è qualcosa mi spacca».